Vi siete mai chiesti perché il finale di “Dead Poets Society” di Peter Weir ,
ogni volta, ci commuove? Ricordate? Il professor John Keating (Robin Williams),
cacciato dalla scuola, lascia l’aula per l’ultima volta. I suoi ragazzi non ci
stanno, gli rendono omaggio. Uno dopo l’altro, salgono in piedi sul banco ed
esclamano: «O Captain! my captain!».
Perché quella scena, invece di apparire enfatica, è così potente e universale? La risposta è semplice. Quella scena
ci colpisce perché tutti sentiamo d’aver bisogno di un maestro. Sempre,
dovunque, a ogni età. Desideriamo, magari senza rendercene conto, una guida che
indichi la strada, senza spingerci: basta l’incoraggiamento. «Maestro» era l’appellativo, l’omaggio
dei contemporanei ai grandi del Rinascimento. Oggi il vocabolo viene banalizzato:
a scuola - dove qualche folle pensa sia meno prestigioso di «Docente» - e inflazionato nella vita quotidiana.
«Maestro» non è un titolo ambito. Pochi
sembrano interessati a conseguirlo.
«Si prova una grande gioia a incoraggiare il
talento».
Quanti professori universitari, oggi, hanno voglia
di diventare maestri? Quanti datori di lavoro pensano di dover dare, invece di
continuare a chiedere; e insegnare, invece di limitarsi a giudicare? Quanti
imprenditori e professionisti passano competenze e opportunità alle nuove
generazioni, invece di considerarsi l’inizio e la fine di ogni cosa? Essere un maestro è un impegno:
un’auto-certificazione di generosità. Esiste uno speciale egoismo contemporaneo
che ha preso forme accattivanti. Qualcuno lo chiama individualismo; altri,
realismo. Molti teorizzano la necessità di viziarsi, di salvaguardarsi, di
pensare a sé. Esiste una specie di onanismo del cuore, e non è bello da vedere.
I maestri, di cui Robin Williams fornisce una poderosa interpretazione, offrono aiuto, suggerimenti e ispirazione. Segnalano svolte e insegnano prospettive. Indicano una via e la illuminano: può essere una scala verso il cielo; o un passaggio sicuro nel bosco delle decisioni difficili. I maestri - quelli veri - non chiedono niente di cambio. La ricompensa è l’onore di trasmettere qualcosa, il piacere di aiutare chi viene dopo. Piacere gratuito; quindi, impopolare. Gli attimi fuggono, i gesti rimangono. Ecco perché il mondo s’è commosso, come non si vedeva da tempo in occasione della scomparsa di un attore. Non è solo la strabiliante abilità di Robin Williams che ci mancherà; non è tanto la sua strepitosa galleria di personaggi. Ci mancherà qualcuno che ci ricordi con passione, a colori, con poesia quanto abbiamo bisogno di maestri.
I maestri, di cui Robin Williams fornisce una poderosa interpretazione, offrono aiuto, suggerimenti e ispirazione. Segnalano svolte e insegnano prospettive. Indicano una via e la illuminano: può essere una scala verso il cielo; o un passaggio sicuro nel bosco delle decisioni difficili. I maestri - quelli veri - non chiedono niente di cambio. La ricompensa è l’onore di trasmettere qualcosa, il piacere di aiutare chi viene dopo. Piacere gratuito; quindi, impopolare. Gli attimi fuggono, i gesti rimangono. Ecco perché il mondo s’è commosso, come non si vedeva da tempo in occasione della scomparsa di un attore. Non è solo la strabiliante abilità di Robin Williams che ci mancherà; non è tanto la sua strepitosa galleria di personaggi. Ci mancherà qualcuno che ci ricordi con passione, a colori, con poesia quanto abbiamo bisogno di maestri.
Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo.
Grazie Beppe
Grazie Robin
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