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31/05/2018

Il nostro grande mappatore…


Le mappe mentali sono un metodo molto efficace che il nostro cervello usa per elaborare, classificare e memorizzare informazioni su un argomento specifico. Farne uso facilita non solo l'apprendimento ma anche la soluzione di problemi in quanto evidenziano l’aspetto più importante di un argomento stabilendo l'ordine delle informazioni affinché le nuove idee possano essere più facilmente comprese e assimilate.

Una mappa mentale si avvale di due principi fondamentali del pensiero progettuale:

“Scegliere meglio quando si ha molte buone idee tra cui scegliere.”
“Non scegliere mai la prima idea che ci viene in mente.”

In altre parole, anche se abbiamo un’idea, probabilmente non è quella che vogliamo in definitiva mettere in pratica. Prendiamoci un po’ più di tempo e siamo più creativi; probabilmente sorgerà qualche idea migliore.

Ecco come iniziare:
1.       Scegliamo un argomento
2.       Scegliamo qualcosa che ci dia piacere
3.       Scriviamo cinque cose relative all’argomento scelto
4.       Scriviamo tre parole per ogni delle cinque già scritte
5.       Creiamo collegamenti secondari
6.       Evidenziamo alcune parole secondarie che riteniamo significative.
7.       Cerchiamo di fonderle in nuove idee.

“Spesso dobbiamo prendere in considerazione le idee più irrealizzabili prima di arrivare a quelle realizzabili”.

“Non dobbiamo avere paura delle idee folli. Potrebbero essere il punto di svolta verso qualcosa di veramente nuovo”.

29/05/2018

El “nuevo” educador no está solo…



Cada vez que escribo o mejor dicho, escribimos sobre la “nueva” educación, nos referimos prevalentemente a la figura del educador. Sin duda él es el centro de partida de todo necesario cambio en los paradigmas educativos. Sin embargo, el educador por más creativo, apasionado y novedoso que sea, hace parte de una estructura educativa con una jerarquía bien definida. Al tope de esa pirámide jerárquica se encuentra otra figura que juega un papel determinante en el contexto educativo: El director.

La figura del director es fundamental. Un educador con novedosas y brillantes ideas tendrá que confrontarse siempre con su superior, el director. La afinidad de visiones entre ellos es la que permitirá abrir las puertas a un infinito mundo de innovaciones en ese centro educativo.
Para ello un director que quiera lograr esa innovación deberá tener las siguientes características:

1. Capacidad de análisis. Detectar las fortalezas y debilidades del centro escolar resulta clave a la hora de innovar. Es importante que sepa identificar, analizar e interpretar las características de su escuela, no solo desde el punto de vista académico, sino también teniendo en cuenta a toda la comunidad educativa, los factores ambientales, sociales y culturales que la definen.

2. Previsión y proyección. Es importante que sea capaz de ver más allá y prever problemas y oportunidades. Innovar supone dar un paso hacia el futuro, por lo que necesita poseer la capacidad de comprender y adelantarse a las situaciones.

3. Liderazgo democrático. Debe ejercer una influencia que ayude a incentivar el trabajo de todos por un objetivo común. Debe ser un líder que toma decisiones, inspira a los componentes del equipo, fija metas comunes y cuenta con el respeto y el apoyo del grupo. Sin imponerse ni quedarse en segundo plano, sino que apoyando constantemente el debate y el intercambio de opiniones del equipo.

4. Destrezas comunicativas. Para liderar el cambio y llevar a buen término el trabajo en equipo no es suficiente tener buenas ideas y contar con una planificación adecuada. Es necesario transmitirlas, presentar el planteamiento de tal manera que involucre, motive y convenza al grupo. Poseer una buena Inteligencia Comunicacional es esencial para ello, así como para explicar órdenes, formas de trabajo y líneas de actuación, afrontar situaciones complicadas y solucionar problemas.

5. Empatía. Tiene que escuchar a su equipo, ponerse en el lugar de sus integrantes, comprender lo que les preocupa y reaccionar ante las dificultades que puedan surgir a lo largo del proceso. Para que el cambio sea realmente eficaz no sirven bandos enfrentados, sino trabajar unidos y, en ese diálogo y colaboración, la empatía cumple un rol fundamental.

6. Firmeza y flexibilidad. La innovación implica cambios y requiere que toda la comunidad educativa salga de su zona de confort y se embarque en una aventura emocionante, exigente y en cierto aspecto desconocida. El “nuevo” director debe mantenerse firme en las decisiones tomadas e involucrar a su equipo para llevarlas a cabo, con flexibilidad para afrontar y corregir errores o situaciones inesperadas.

7. Reflexión y capacidad crítica. Un centro educativo innovador avanza y cambia constantemente, por eso es necesario que el “nuevo” director impulse siempre la reflexión, la crítica y la autocrítica.

Innovación implica transformación, por ello se deben monitorear constantemente los logros para seguir avanzando e incorporando cambios y mejoras.


21/05/2018

Mi piace, non mi piace, mi dispiace…



Uno dei vantaggi di possedere una solida Intelligenza Emozionale è che riusciamo, inconsciamente, a regolare due caratteristiche: cordialità e competenza. Caratteristiche da non sottovalutare, che ci aiutano ad avere una miglior qualità di vita in quanto migliorano la nostra comunicazione interpersonale.

Una persona piacevole ha le seguenti caratteristiche:

Guarda negli occhi
Le persone hanno bisogno di sentire che sono ascoltate. Un modo semplice per mostrare che stiamo dando attenzione è guardare negli occhi al nostro interlocutore mentre ci parla. È anche un modo efficace per trasmettere competenza e intelligenza.
Sorride
Un altro semplice ed efficace modo di trasmettere cordialità. Fa parte di un linguaggio fisico positivo.
Mostra entusiasmo
Entusiasmo ed energia non solo attirano l’attenzione, ma sono anche contagiosi.
Ignora il cellulare
Finché la conversazione non è finita, nessuna interruzione.
Da una stretta di mano ferma
Una ricerca mostra come il nostro cervello decida dopo pochi secondi, se la persona incontrata piace oppure no. Una stretta di mano di giusta intensità può contribuire molto a questa prima impressione.
Chiama le persone per nome
Durante una conversazione, al nostro cervello piace sentire il suono del suo nome. Le persone apprezzano quando ricordiamo il loro nome; è un segno di rispetto e di profondità di pensiero.
Ascolta attivamente
Ascolta, interpreta, valuta, risponde.
Sa accettare un complimento
Accetta un complimento senza sembrare egocentrico.
Sa lodare
Congratulare colpisce le persone direttamente nel loro ego ed è quindi molto efficace però richiede un giusto senso della misura.
Non interrompe
Quando ci interrompono, rimaniamo scomodamente in sospeso, chiedendoci se qualcuno ci stava veramente ascoltando. Non interrompere fa sentire al nostro interlocutore a suo agio e apprezzato.
E’ comprensivo
Quando qualcuno ci racconta qualcosa di spiacevole che gli è successo, è un modo efficace di mostrare empatia. Trasmettere comprensione verso il vissuto dell’altro, aumenta la fiducia.
E’ aperto
Condividere non tanto esperienze ma bensì emozioni, aiuta a creare una buona conversazione.
Ha una buona postura
Il linguaggio fisico è tanto o più importante del verbale. Una cattiva postura manda un messaggio di apatia o disinteresse nei confronti dell’altro.
Mantiene la sua parola
Tra il dire e il fare, per una persona piacevole, non c’è il mare. La coerenza trasmette fiducia.
Non si lamenta
Nessuno vuole avere intorno a sé persone negative. Le lagne allontanano.
Fa sentire tutti a suo agio
Durante una conversazione di gruppo, la persona piacevole considera chiunque sia coinvolto in essa, senza distinzioni.
Non giudica
I giudizi spesso provengono da una struttura istintiva del nostro cervello. Ciò può portare a valutazioni superficiali e non ragionate su qualcuno o qualcosa.
Sa concludere
Le parole conclusive di una conversazione possono lasciare una impressione duratura su una persona.

Non è così facile, ci si deve allenare ma può fare la differenza.

                                                                                                                    

LA LA BRAIN...



Music is music for the brain

It builds language skills. As they learn their instrument, children become accustomed to different sounds that they would not have recognized before. This practice trains their ears for the nuances and subtle sounds of language.


It makes them stronger academically. Researchers have found connections between music lessons and nearly every measure of academic achievement. Music also improves their powers of recall for powerful learning in all subjects.

It increases their IQ. Numerous studies have proven that children’s IQs increase after a few weeks of music lessons. Brain scan technology reveals that brain activity increases following musical training, and some parts of the brain grow larger.

It teaches them discipline. Music lessons require hours of concentration and patience. Children must persevere even when things are not going well. That is an invaluable skill for all areas of their life.

It supports muscle development and motor skills. Children must use their whole bodies to keep the rhythm going when they play. They also must coordinate different motions with their hands at the same time. They develop strength and coordination.

It improves social skills. If children play in a group, they have to learn to work together to achieve a common goal, exercising tolerance, patience, and encouragement towards their peers.

It makes kids feel good about themselves. There is nothing quite like the sense of pride that comes from working on building a new skill for an extended period, especially when the result is music.

It helps kids understand culture. By learning music from various parts of the globe, students come to understand different cultures.

It brings joy. When children can play music, it makes them happy. The most important aspect.

Vale la pena desarrollarla…




Vivimos en un mundo frenético que nos exige resultados inmediatos y tener todo bajo control, evitando la espera. Exigencias irreales y dañinas para nuestro cerebro. Ejercer la paciencia es un saludable ejercicio de fuerza y coraje.

Paciencia deriva del latín <patiens>: el que padece. Capacidad de padecer o soportar algo sin alterarse; facultad de saber esperar.

Nuestro mundo actual se basa en la impaciencia, la inmediatez: necesitamos saber, conocer u obtener resultados inmediatos y sufrimos mientras esperamos: un hábito muy pernicioso para nuestro cerebro que puede convertirse en un espejismo y llevarnos a considerar como presente y seguro algo que está todavía por venir. Las expectativas (y el manejo de irrealidades) generalmente derivan en frustración y depresión. 

La paciencia no es innata, es otra habilidad transversal (soft skill) que debemos desarrollar durante nuestra vida. Nosotros nacemos impacientes. Los bebés lloran cuando tienen hambre. No saben esperar, no toleran la insatisfacción inmediata de una necesidad primaria: el comer. Con el tiempo van aprendiendo que, aunque tarde un poco, finalmente les darán de comer. Comienzan a aceptar sin llorar, el sufrimiento del hambre, porque saben que llegará. El cerebro del niño es impaciente por naturaleza y uno de los motivos es que casi nada depende de él, casi nada está bajo su control.
Con los años, cada vez podemos (o creemos poder) controlar más las situaciones, pero habituarse al control fomenta la impaciencia. La paciencia hay que entrenarla, aprendiendo a tolerar el sufrimiento que provoca el desconocimiento, la incertidumbre, el descontrol.

En la sociedad de la inmediatez, la satisfacción de un deseo de forma casi automática se ha convertido en una nueva droga. Nuestro cerebro, cuando esa satisfacción acontece, genera dos mecanismos: por una parte, placer, refuerza los circuitos de recompensa y fomenta el seguir en la búsqueda constante de nuevas sensaciones placenteras que ofrecen la obtención de otros objetivos; por otra parte, pone en marcha mecanismos de evitación del dolor.

El problema es que nuestro cerebro no está preparado para estar en una situación de alerta constante; se desgasta. El ocio y el sueño evitan ese desgaste pero por causa de la impaciencia, cada vez ociamos y dormimos menos.

Por otra parte se ha desvirtuado el concepto de necesidad (de la cual es imposible sustraerse), confundiéndolo con el de deseo. Desear no es necesitar. La elevación del deseo a la categoría de necesidad conlleva ciertos riesgos, pues lo que sería simplemente una carencia, se convierte en una urgencia: nuestro cerebro de esa manera confunde objetivos deseables con objetivos necesarios. 

En las sociedades occidentales, la paciencia es vista como un signo de debilidad.

Los poderosos, los ganadores (¿de qué?) no esperan.
El impaciente considera que el objetivo es la meta, cuando en realidad el objetivo es el punto de partida.

La paciencia es nuestra amiga protectora que nos permite atravesar situaciones adversas sin derrumbarnos. La paciencia no es apatía, ni resignación; no es falta de compromiso, no es estática. El que espera con calma lo hace activamente, se rebela y afronta la dificultad. La espera activa implica esperanza y coraje, fijando su mirada en el largo plazo.

Debemos aprender a recapacitar, a reorganizar (tiempos y prioridades), a reflexionar. Comprender que algunas cosas pueden esperar sin producirnos sufrimiento y aprender a saborear el placer de la espera.
“La paciencia es la compañera de la sabiduría.” San Agustín

15/05/2018

Inteligencia Intelectual e Inteligencia Emocional...



La alegría, la tristeza, el miedo, la resiliencia, la empatía, la escucha activa forman parte de nuestra cotidianeidad por ende, cuanto antes sepamos manejarlas, mejor será nuestra calidad de vida.

La Inteligencia Emocional es una habilidad que se puede aprender y enseñar. Una educación completa debe tener en cuenta no sólo los aspectos culturales sino también los emocionales. Desde muy temprana edad, debemos ser capaces de conocer, aprender y gestionar nuestras propias emociones y las de las personas que nos rodean.


1. Autoconocimiento. Difícilmente se puede entender a los demás si uno no es capaz de entenderse a sí mismo, descubriendo cuáles son nuestras virtudes y nuestros defectos que nos definen y nos hacen únicos.

2. Silencio. La sociedad occidental penaliza el silencio, cuando en realidad es necesario para la reflexión y la introspección. El ruido excesivo nos da miedo e inseguridad. (El Silencio absoluto -https://goo.gl/uPxcDP).

3. Autoconcepto. Se considera la primera actitud de la Inteligencia Emocional. Se trata de tener una sólida y real opinión de nuestra persona para así poder tener la capacidad de conocer a los demás.

4. Preguntar. La importancia de las preguntas (abiertas). Preguntando y respondiendo se hace autocrítica, se toma plena conciencia de lo que uno hace, dice, piensa y actúa de cara a sí mismo y de cara a los demás. (Preguntas sorprendentes - https://goo.gl/WyTZHG ).

5. Empatía. Uno de los pilares de la Inteligencia Emocional. Sentir lo que sienten los demás es tan importante como el autoconocimiento y el autoconcepto.  

6. Sensatez. No sólo hay que trabajar las emociones, sino que también se trata de encontrar el equilibrio, de saber gestionar dichas emociones en función del contexto en que se produzcan.

7. Percepción. Es clave para desarrollar correctamente la Inteligencia Emocional. Educar desde el respeto, la sinceridad y la asertividad.  

8. Equilibrio. La Educación debe buscar en todo momento el justo equilibrio entre lo intelectual y lo emocional, entre la Inteligencia Intelectual y la Inteligencia Emocional.

9. Resolución de conflictos. Muchos de los conflictos que surgen, se resuelven cuando se es capaz de adoptar un punto de vista distinto al que se percibe en un primer momento. Esto permite aprender y enseñar que los problemas o los conflictos pueden convertirse en una oportunidad.  

10. Escucha empática (y Activa). Escuchar con el corazón, desde el corazón al corazón, del otro. 

Liar, liar…


We all lie: Little lies, big lies, white lies, black lies…and much more (and worse)





So, if you…












Dart back and forth your eyes

Blink in rapid succession
Close your eyes for more than a second a time
Look up to your right
Look directly to your right
Look down to your right
Smile only with your mouth
Touch your face
Purse your lips
Perspire more than usual
Blush
Shake your head

…you are lying!


If someone will lie to us, we do have the skills to detect it: Body language, facial and verbal expressions are our friends.

Thanks to Mark Bouton, author of “How to Spot Lies like the FBI”



14/05/2018

Alumnos al borde de un ataque de nervios…



El “nuevo” educador debe haber desarrollado su Inteligencia Emocional de manera de ser capaz de controlar y optimizar la manera de expresar sus emociones ante sus alumnos.



Esta habilidad se manifiesta especialmente en momentos en los que surgen conflictos dentro del aula entre alumnos o entre alumnos y educador. El aula es un concentrado de estados de ánimo, personalidades, egos, comportamientos, todos distintos entres sí que en algún momento (y sucede muy seguido), pueden encontrarse y desencontrarse. Es normal.
En esos momentos, un educador con una sólida Inteligencia Emocional, puede hacer la diferencia.

Ustedes se (o me) preguntarán como se comporta un ecuador con tales características en esas circunstancias…

No se agita, mantiene y transmite calma
Cuando un conflicto surge y es necesario intervenir, un buen educador efectúa movimientos lentos. Recordemos que el lenguaje no verbal (físico) es tan o más importante que el verbal (habla). Sería contradictorio observar un educador invocando a la calma a través de un lenguaje no verbal tenso, nervioso o hasta agresivo (agresividad genera agresividad). La calma física se transmitirá a su cerebro y así tendrá respuestas verbales tranquilizantes y palabras indicadas para sus alumnos. Además, y muy importante, transmitirá que tiene el control de la situación (aunque no la tenga realmente).

Critica el comportamiento más no al alumno
Al centrar la atención en el comportamiento, el ecuador deja claro que el problema es temporal y que no es algo típico del alumno en cuestión.

Formula frases impersonales
Para controlar las emociones, al formular frases en términos impersonales, la atención se centra en las expectativas y no en el alumno. De esta manera se desvían las emociones evitando que el alumno siga pensando en la acción que generó el conflicto.

No generaliza
Un educador con buena Inteligencia Emocional desvía el foco de lo que originó el conflicto que ya no está bajo el control del alumno porque ya ocurrió. Generalizando (“tú, siempre haciendo lo mismo”) el alumno puede sentir que la amonestación es una especie de castigo personal (“¡porqué siempre yo/ porqué solo a mí’!”).

No humilla, no excusa
Un buen educador que posee una sólida Inteligencia Emocional, no humilla a un alumno que se equivoca. Resulta mucho más enriquecedor reformular la pregunta y así poder trabajar para solucionar los errores. De esta forma, el alumno y sus compañeros no se centran en el error sino se focalizan en la posible solución.  No olvidemos que el error no es algo negativo que hay que evitar a toda costa, es parte del proceso de aprendizaje.

No adula
El educador con Inteligencia Emocional sabe que elogiar excesivamente una respuesta correcta puede tener efectos contrarios. Él elogia el esfuerzo por encima del resultado. De esa manera, el alumno refuerza su autoestima y se atreverá a tomar nuevos riesgos y aceptar nuevos desafíos.  

Nota: Aplíquese en toda situación conflictiva...


09/05/2018

Alumnos tipo o tipo de alumnos…



Según recientes estudios, existen 3 variables para describir el perfil de un alumno

Poder – Aceptación –Colaboración

Poder
Ascendente: Alumno que manda, dirige y decide sobre los demás.
Descendente: Alumno que se deja llevar; los demás deciden por él.

Aceptación
Positivo: Alumno aceptado por el grupo.
Negativo: Alumno rechazado por el grupo.

Colaboración
Cooperador: Alumno que ayuda a los demás, anima y promueve acciones.
Reacio: Alumno que dificulta, entorpece o evita el trabajo en común.


En función de estas 3 variables, podemos agrupar los alumnos en 26 tipos diferentes:

1. Mandón. Alumno cuya finalidad es mandar, desprestigiando a los que lo rodean.

2. Organizador. Alumno con capacidad de hacer sugerencias constructivas.

3. Líder grupal. Alumno capaz de guiar a los demás, con mucha seguridad en sí mismo.

4. Matón. Alumno que comunica en todo momento con amenazas y/o agresiones.

5. Dominante. Alumno cuya prioridad es mandar pero sin desprestigiar a los demás.

6. Líder social. Alumno con capacidad de generar sinergias, de promover novedosas iniciativas.

7. Desafiante. Alumno con tendencia a la desaprobación constante.

8. Sociable. Alumno abierto, extrovertido con alto grado de aceptación en todo el grupo.

9. Pelota. Alumno con tendencia al rechazo que demanda continuamente la atención y la aceptación del profesor.

10. Trabajador. Alumno aislado del resto del grupo que prefiere trabajar de forma individual.

11. Buen compañero. Alumno que se preocupa por los demás. Generoso con sus compañeros.

12. Aislado. Alumno solitario que tiende a rehuir del contacto con sus compañeros y profesores.

13. Amigo. Alumno con una alta capacidad empática que comparte intimidades con sus compañeros.

14. Dejado. Alumno que se desentiende de todo lo que lo rodea. Se mantiene al margen de los problemas o conflictos que pueden surgir en un aula.

15. Inconformista. Alumno que suele estar en constante desacuerdo con las decisiones que se toman en clase.

16. Contemporizador. Alumno encargado de resolver los pequeños conflictos que van surgiendo en el aula. Es un mediador.

17. Mártir. Alumno que manifiesta la tendencia de cargar con las culpas o faltas de los demás.

18. Sumiso. Alumno que carece de personalidad y sigue la corriente marcada por otros compañeros.

19. Satélite. Alumno que no tiene ninguna relevancia o protagonismo; pasa totalmente desapercibido.

20. Solitario. Alumno aislado, que no interactúa con nadie del grupo.                                                                                                                                                                     
21. Callado. Alumno que nunca manifiesta su opinión.

22. Mascota. Alumno muy popular en el grupo, que cae bien a todos.

23. Alienado. Alumno en busca de simpatías, de aceptación.

24. Distante. Alumno que se relaciona poco a nada con el grupo. Soberbio.

25. Muñeco. Alumno que carece de opinión y criterio propio.

26. Comediante. Alumno que busca continuamente llamar la atención. Buen humor.

Cada grupo de una clase, presenta en sí una riqueza y una diversidad que en ningún caso debemos ver como un problema, sino como una oportunidad.

Esta clasificación es simplemente un punto de referencia que nos puede ayudar a organizar nuestras clases para que haya un ambiente propicio que facilite un aprendizaje efectivo, eficiente y siempre divertido.

Recordemos que no hay dos cerebros iguales; cuanto más y mejor conozcamos a cada uno de nuestros alumnos, mejor les enseñaremos y ellos mejor aprenderán.



08/05/2018

Enseñar sin enseñar…


Hoy, en los planteles educativos, todavía prima la instrucción del docente por sobre el aprendizaje de los alumnos, con un sistema uniformado y masivo de enseñanza y un rígido horario digno de un sistema de una extinta época industrial.

Cómo será nuestro estilo de vida en el futuro, es aún incierto. Lo que no admite dudas es que este será cada vez más digital y automatizado. Por ello serán cada vez más requeridas habilidades no rutinarias que estén relacionadas con el desarrollo de complejos procesos mentales y que involucren relaciones interpersonales e interculturales (soft skills). 

Recientes encuestas demuestran que existe una enorme brecha entre la percepción positiva que tienen los educadores con respecto a su propio trabajo (70% satisfechos) y la percepción negativa de los estudiantes con respecto a lo que aprenden (40% insatisfechos).  

Un niño que ingresó este año en el sistema escolar, egresará del mismo en el 2030. En una realidad tan cambiante como la actual, en esa época habrá trabajos y funciones que aún hoy ni siquiera existen. Por eso es fundamental que el sistema escolar se renueve drásticamente y se proponga ayudar a los jóvenes a desarrollar nuevas habilidades.

Primera habilidad
El pensamiento crítico. Basado en la interrogación y el planteo de hipótesis, la resolución de problemas, la comunicación, el trabajo en equipo y la creatividad. 

Segunda habilidad
El alfabetismo digital. Poder y saber lidiar con un estilo de vida que cada día será más tecnológico e interactivo, veloz y personalizado.  

Tercera habilidad
La metacognición. La capacidad de reflexionar sobre el propio trabajo y errores con el fin de aprender. La flexibilidad, la adaptación al cambio, la iniciativa, la curiosidad, el liderazgo personal y ético. La habilidad de trabajar en equipos interdisciplinarios y multiculturales. 

Es necesario renovar los obsoletos contextos de enseñanza y ayudar al alumnado a aprender creando, diseñando, aplicando e inventando. Buscando soluciones a problemas reales y cercanos, sin desestimar jamás la conexión emocional. Aprendemos solo lo que nos emociona.

La creatividad no tiene límites y el aprendizaje debe ser constante durante toda nuestra vida. No hay dos cerebros iguales por consecuencia las vías y los estilos de aprendizaje son innumerables.

La Educación debe ser cada vez más personalizada y enfocada en el saber “Ser” más que en el saber “Hacer”; más “Formativa” que “Informativa”.

Para ello, el <nuevo Educador> deberá saber “Enseñar sin Enseñar”.




07/05/2018

A la creatividad le gusta la lluvia…



La creatividad tiene entre otras características, la finalidad de generar opciones para la resolución de problemas. Es una Habilidad Transversal (Soft Skill) que será cada día más necesaria y requerida; una habilidad que el actual sistema escolar ignora por completo.

En la Antigua Roma, las “Quaestiones” fueron las primeras ejercitaciones mediante las cuales, los profesores testeaban la preparación de sus alumnos en Derecho Romano, Teología o Filosofía. A través de ejemplos de vida reales, se estimulaba la discusión y el debate entre los alumnos.


Con Alex F. Osborn, en 1942, esta técnica tomó la denominación de “Brainstorming”, en español conocida como “Lluvia de Ideas”.

Este método no solo es una oportunidad para mejorar la creatividad de nuestros alumnos, sino que ayuda a desarrollar la capacidad de trabajar conjuntamente y en equipo para un bien común, para la resolución de un problema o de un reto.  

Durante una sesión de “Lluvia de Ideas” nuestro cerebro deja de operar con lo que se denomina rigidez funcional (una idea fija de las cosas que nos rodean), y comienza a pensar en más opciones.

Para que una "Lluvia de Ideas" sea efectiva y productiva es necesario que en ella se excluyan los prejuicios o juicios de valor. Es imprescindible que los alumnos den rienda suelta a su imaginación. Las ideas que surgen no se juzgan ni se critican y todas son tomadas en cuenta.

El no hacer juicios de valor libera a nuestro cerebro para que este fluya con total libertad y empiece a general ideas lo más inusuales y aparentemente imposibles de ejecutar. Una idea inusual y descabellada siempre será infinitamente mejor que ninguna idea.
Otro de los requisitos fundamentales para que una “Lluvia de Ideas” genere el propósito propuesto es que debe basarse en la cantidad y no en la calidad. Hay que generar muchas ideas para que surjan unas pocas buenas ideas.
A través de la “Lluvia de Ideas” nuestros alumnos aprenden a desarrollar la Escucha Activa. Muchos creen que las buenas ideas surgen de la nada, sin embargo grandes ideas o grandes soluciones pueden surgir de las ideas que aportan otros integrantes del grupo.
La “Lluvia de Ideas” requiere de rapidez y de agilidad mental. Un error muy común es creer que cuanto más tiempo dediquemos a pensar en generar ideas, estas serán mejores. Esto muchas veces, no suele ser así. Cuanto menos tiempo y más presión se tiene, mejor es la respuesta a la hora de resolver problemas de forma creativa.   
Durante una sesión de “Lluvia de Ideas”, nuestro cerebro deja de operar con la Rigidez Funcional que es la idea fija, preconcebida que a través de Mapas Mentales, él tiene de la realidad, encontrando nuevas soluciones. Para ello es necesario que el cerebro deje de utilizar el Pensamiento Vertical y comience a utilizar el Pensamiento Lateral.

Pensamiento vertical: escoge, se decide por lo correcto, es lineal y secuencial, elige lo importante y descarta lo secundario, es previsible.
Pensamiento lateral: es cambiante, se decide por lo diferente e inusual, da saltos deliberados alterando el orden lógico; fomenta el azar, es imprevisible.

Llevar a cabo una “Lluvia de Ideas” con nuestros alumnos (de todas las edades), es muy divertido y estimulante. Se asombraran de las ideas que pueden surgir de esos maravillosos (y subestimados) cerebros.

Nuestro cerebro no es un reloj, no podemos decidir ni cuándo ni dónde aparecerá la solución de nuestro problema o reto. Por tanto, debemos entrenarlo para que cuando dejemos de pensar en las posibles soluciones de manera consciente, él siga trabajando para nosotros de manera inconsciente a través de la mente profunda.

La solución aparecerá, no tengan duda.

02/05/2018

Lavoro in ufficio: Come rendere il nostro cervello più felice e più produttivo




Abbelliamo e personalizziamo il nostro spazio di lavoro. L'ambiente che ci circonda è un fattore molto importante: avere delle piante o elementi naturali aumentano la capacità di concentrazione del nostro cervello e avere una lavagna a muro e pennarelli stimolano la creatività.

Gestiamo il tempo. Creare una lista basata sulle priorità della giornata permette al nostro cervello di aumentare la concentrazione e di riuscire a focalizzarsi più efficientemente sugli obiettivi e le scadenze.

Troviamo l'equilibrio. È necessario cercare di imparare a gestire bene le nostre mansioni in modo da non caricare troppo il nostro cervello un giorno per poi lasciarlo scoperto quello successivo.

Rispettiamo le pause. Dobbiamo mantenere regolari pause (caffè, pranzo) distogliendo lo sguardo dagli schermi e magari fare un po’ di movimento. 

Parliamo con i colleghi. Il cervello è il nostro organo sociale per eccellenza: Le relazioni interpersonali sono di vitale importanza per il suo benessere.  

Facciamo ciò che ci appassiona. Essere appassionati del nostro lavoro è fondamentale per il nostro cervello. Entusiasmo, curiosità, motivazione sono elementi che rendono il nostro cervello efficiente e produttivo e fa sì che esso produca neurotrasmettitori che generano sensazione di benessere.

Assumiamo una posizione corretta. Come siamo seduti alla scrivania è di fondamentale importanza per il nostro benessere in ufficio. Quando siamo al computer, dobbiamo mantenere in asse la parte inferiore della schiena, appoggiare i piedi e avere gli avanbracci paralleli al pavimento.

Emociones mal educadas…



Para colaborar con el desarrollo de las competencias emocionales en los niños, es necesario que el educador haya desarrollado sus propias habilidades de Inteligencia Emocional.


La Inteligencia Emocional nace del encontrarse consigo mismo para conectar con las propias emociones y comprender la información que nos proporcionan; a la vez es también conectarnos con nuestro pensamiento y con los estados corporales que acompañan nuestras emociones. Esta es la base para poder orientar a nuestros estudiantes. La comprensión y gestión de uno mismo favorecerá el encuentro armónico con el otro.


Hoy somos conscientes de la presencia permanente de las emociones en todo ser humano y la Neurociencia nos aporta importante información sobre la posibilidad de tener acceso a la gestión de las mismas. Por medio de investigaciones se ha comprobado que la regulación de nuestras emociones influye directamente en el rendimiento de los estudios, en el trabajo y en nuestra vida social.

La conexión y toma de conciencia de nuestras emociones constituye la base de la Inteligencia Emocional.

Debemos orientar al alumnado en la adquisición de la habilidad de sentir de manera consciente hasta desarrollar una habilidad automática que le permita identificar constantemente qué se está sintiendo, para así controlar y autoajustar el comportamiento.

El clima en el aula es determinante para un buen desarrollo de la Inteligencia Emocional. Un ambiente en el que todos los alumnos saben y sienten que importan, donde cada uno es respetado y escuchado y donde existen fuertes vínculos afectivos entre todos los miembros del grupo y su educador.

Tengamos presente que un eficiente y completo sistema de educación se debe basar siempre en el trinomio Educador-Alumno-Familia. La familia que acepta las emociones de sus hijos, los ayuda a hablar de ellas y les ofrece apoyo afectivo está creando las bases para el desarrollo de la Inteligencia Emocional.

Es realmente importante interpretar cómo se sienten nuestros niños, sin juzgar, ni negar, ni prohibir ningún sentimiento o emoción. Ellos necesitan que se les reconozca y se les valide su sentir.

Los padres debemos tomar conciencia de que somos modelos emocionales y que nuestros hijos absorben directamente el tono emocional que se vive en casa. Dado que muchos adultos todavía no han conseguido personalmente la capacidad de autorregularse, sería conveniente plantearse el poner en marcha este aprendizaje.

No poseer habilidades de Inteligencia Emocional significa no reforzar aquellas capacidades que contribuyen a que las emociones vayan a favor y no en contra de uno mismo, lo que tiene repercusiones no solo a corto plazo, en el ámbito escolar, sino también en la edad adulta en el ámbito laboral y social.

No tener la habilidad de autogestión compromete la capacidad de tener y sostener relaciones satisfactorias.

La Inteligencia Emocional puede prevenir situaciones de adición, ansiedad, depresión, agresividad, bullying y conductas de alto riesgo. 

Our brain prefers cold…








Our decisions are swayed by the temperature of our surroundings.


Because


Our brain is an organ and, just like all other organs, it needs energy to function. Everything we do—whether it is a physical behaviour or a mental process—uses the same energy source: glucose. We use glucose as we walk, talk, breathe, and perform other physical functions in our daily lives. We also use glucose when we perform effortful mental functions, such as making decisions, exerting self-control, suppressing emotional responses, and even answering math problems. However, this fundamental source of both physical and mental energy – glucose - is a limited resource.

One of the brain’s most important task is temperature regulation. When the ambient temperature is unusually hot or unusually cold, it must use energy —glucose— to maintain a healthy internal temperature. We shiver or sweat, seeking to avoid hypothermia and heat stroke. These two processes - correcting for excessive heat or cold - are not equal. Cooling the body down requires more energy than warming it up.

Warm temperatures deplete our resources and our brain uses up large amounts of glucose to do that.

Mental processes need glucose, in consequence physical demands imposed by excessive warmth reduce our capacity for cognitive functioning, affecting our decision-making abilities.

The neuroscientists decided to test this apparent link between weather and complex decision-making in the lab by performing a series of experiments comparing participants’ cognitive performance at two seemingly unremarkable temperatures: 19° and 25° Celsius. People tend to be most comfortable at around 22° Celsius. Despite this minimal deviation in temperature, the researchers found remarkable differences in cognitive functioning. These results suggest that even simple cognitive tasks can be adversely affected by excessive ambient warmth. 

These studies suggest also that higher ambient temperatures change our patterns of decision-making. As our bodies struggle to maintain a healthy internal temperature, they use up resources that would otherwise be available for mental processes. As a result, we are less able to make complex decisions—we give up early, we make mistakes, and even we shy away from making these decisions in the first place. We choose the easy option rather than the complex one.

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