“Italia” è un nome di tradizione classica, in origine con riferimento all’estremità
meridionale della Calabria; si estende poi alla penisola con l’avanzarsi della
conquista romana. La sanzione ufficiale del nome si ha con Ottaviano nel 42
a.C., mentre l’unione amministrativa con le isole si ha con Diocleziano (diocesi italiciana). Nei
secoli il nome rimane di tradizione dotta (l’evoluzione popolare del latino Italia sarebbe stato Itaglia, Idaglia, a seconda delle
zone). L’origine del nome è discussa e incerta. Alcuni suppongono che derivi da
una forma di origine osca e corrisponda a Viteliu
accostato all’umbro vitluf
’vitello’, latino vitulus.
Per altri avrebbe il senso di "terra degli Itali", popolo che avrebbe
come totem il vitello (italos),
perciò la denominazione si fonderebbe sull’uso antichissimo di divinizzare
l’animale totem della tribù; oppure “il Paese della tribù degli Itali”, nome
totemistico da *witaloi “figli
del toro”. Non mancano le interpretazioni leggendarie, come quella del principe
Italo, l’eroe eponimo che avrebbe dominato il Sud della penisola. Vi è poi il
mito secondo il quale Eracle, nell’attraversare l’Italia per condurre in Grecia
il gregge di Gerione, perde un capo di bestiame e lo cerca affannosamente;
avendo saputo che nella lingua indigena la bestia si chiama vitulus, chiama Outalía tutta la regione».
E c’è anche l’immagine evocata da Giovanni Pascoli, per il cinquantenario
dell’allora Regno. Il poeta parla del popolo dell’antica terra che si chiamò
poi Italia, ma che ancora “il nome suo non l’aveva”, di quelle tribù, “meglio
che popoli”, che prendevano il nome da un animale sacro: «Uno di essi popoli
prendeva il nome dal "bove". Narravano d’esser giunti alle lor sedi
seguendo un toro. Grande cammino avrebbe lor fatto compiere l’animale sacro: da
quei grandi monti per tutto il silvestre paese, attraversando via via altri
monti, guadando rapide fiumane, sotto un cielo sempre più azzurro, sotto un
sole sempre più ardente. Ma ecco il bove condottiere mugliò, fermandosi. Era
avanti a lui un fiume inguadabile. Dall’altra sponda, in lontananza, una
montagna fumava: nella notte il fumo si sarebbe converso in anelito di fiamma.
Il popolo si fermò anch’esso, si estese lungo la spiaggia (quel fiume era il
mare), si propagò, fondò città, e infine vanì. Non se ne ricordò se non il
nome, che era quello del toro che li aveva guidati, ed era il segnacolo e si
credeva il progenitore. In lor lingua si chiamava ITAΛΟΣ: Italo.
Onde quel lembo di terra estrema sul mare, circa due millenni e mezzo fa, già
si indicava col nome sacro d’Italia».
Grazie a Matilde Paoli
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