La scienza dell' ottimismo vive un’ottimo momento. Chi decide sul fatto che
Il mondo nonostante tutto, ci appaia rosa? Il nostro cervello. Nella nostra
corteccia cerebrale l'area che si sviluppa dietro alla fronte è più grande di
quanto si pensasse. È l’area formatasi più recentemente e si collega alle funzioni
del linguaggio e dell' individuazione di uno scopo. Qui che si nasconde il
segreto della positività. L'ottimismo è come un buon bicchiere di vino rosso:
un bicchiere al giorno fa bene ma una bottiglia potrebbe essere pericolosa. La
cosa più curiosa è che la superiorità "genetica" dell' ottimismo è
paradossalmente dimostrata dall' esistenza del meccanismo opposto: il
pessimismo. La risonanza magnetica della corteccia cerebrale segnala l'
attività che si configura soprattutto in due aree: l'amigdala e la corteccia
cingolare anteriore. La prima è responsabile delle emozioni, la seconda delle
motivazioni. Gli studi dimostrano che l'attività e l'interconnessione tra
queste due aree aumentano nelle persone più ottimiste: mentre diminuisce in
quelle più depresse. L'equazione tra depressione e pessimismo però non deve
trarre in inganno. La gente depressa tende a essere più precisa nella
previsione del futuro: vede il mondo così com'è. In assenza di questi meccanismi
neuronali che generano l'irrealistico ottimismo, gli esseri umani sarebbero
tendenzialmente più depressi. Meccanismi neuronali che ci portano a vedere il
mondo non com' è realmente ma come vorremmo che fosse e che senza i quali
resteremmo rinchiusi nel nostro grigiore. Il nostro innato ottimismo è tradito
anche dalla statistica. Uno su dieci crede di poter vivere fino a cent' anni.
In realtà la percentuale è dello 0,02 per cento. Gli americani ad esempio, riducono addirittura a zero la percentuale di
probabilità di divorzio nel momento in cui si sposano, quando cioè scommettono
su una scelta che cambia la vita. In realtà, dagli anni ' 60 a oggi la
percentuale dei divorzi è passata dal 5 al 14 per cento. La verità è che troppo
ottimismo risulta deviante portandoci appunto a sbagliare calcoli. Eppure per
progredire l'uomo ha bisogno di ingannarsi. Lavorando sui superstiti dell'11 settembre
gli studiosi hanno scoperto quegli straordinari meccanismi che Sigmund Freud aveva
già chiamato di rimozione e che la moderna neuroscienza spiega individuando
l'area dell' ippocampo. È quella parte del cervello fondamentale nella costruzione
dei meccanismi della memoria ma anche nella costruzione del futuro. Gli ultimi
studi hanno dimostrato che il nostro sistema non è disegnato per rivolgersi al passato
ma per partire dall' esperienza per elaborare mappe del futuro. Ecco perché dopo
appena 11 mesi i ricordi dei superstiti di Ground Zero erano accurati solo al
63 per cento. Il sistema cancella ricordi negativi per fare spazio all'elaborazione
del futuro positivo. Il nostro cervello produce continuamente credenze per conseguire
azioni particolari e queste azioni sono frutto di scelte che non sono mai
neutre. Ottimismo e pessimismo si sfidano continuamente su questa scena.
Chi ne uscirà vittorioso?
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