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11/07/2014

Nicolò Machiavelli: l'innovazione della prosa

La straordinaria novità della lingua e dello stile del Principe fu colta a suo tempo da un grande poeta, scrittore e critico italiano dell’Ottocento, Ugo Foscolo (1778-1827). In una sua opera questi affermò che nessuno, in Italia, aveva scritto mai «né con più forza né con più evidenza né con più brevità del Machiavelli». A parere di Foscolo, l’unico di­­­fetto della lingua e dello stile dell’autore del Principe derivava dalla «barbarie del dialetto materno», cioè dalla condizione rozza e disordinata in cui egli aveva trovato il fiorentino dei suoi tempi. A due secoli di distanza, e no­no­­stan­te l'improprietà di quest'ultima affermazione, le parole di Foscolo descrivono in modo mol­­­to effi­ca­ce le carat­teri­sti­che più importanti della prosa politica di Machiavelli: le categorie della forza, dell’evidenza e della brevità possono essere riferite alle strategie generali di organizzazione del testo e alle strutture della sintassi, mentre la presunta barbarie del dialetto ma­terno è riferibile all'aspetto grafico-fonetico e morfologico.
Nella dedica del Principe  a Lorenzo de’ Medici,  Machiavelli afferma di non aver voluto usare, per il suo trattato, una lingua ampollosa e retorica, ricca di formule e parole ricercate, adoperate al solo scopo di rendere più elegante il discorso, ma una lingua semplice, perché l'opera fosse apprezzata per la serietà dell’argomento e per l’originalità del modo di trattarlo. Per darne conto, è sufficiente esaminare le poche righe che compongono il primo capitolo:
“Tutti gli stati, tutti e' dominii che hanno avuto e hanno imperio sopra gli uomini, so­no stati e sono o republiche o principati. E' principati sono o ereditarii, de’ quali el sangue del loro signore ne sia suto lungo tempo principe, o sono nuovi. E' nuovi, o e’ sono nuovi tutti, come fu Milano a Francesco Sforza, o sono come membri ag­giun­ti allo stato ereditario del principe che gli acquista, come è el regno di Napoli al re di Spagna. Sono questi dominii così acquistati o consueti a vivere sotto uno prin­cipe o usi ad essere liberi; e acquistonsi o con l’arme d’altri o con le proprie, o per fortuna o per virtù”.
Di ogni problema, di ogni questione Machiavelli in­dica sempre articolazioni alternative o soluzioni estreme e opposte, escludendo o­gni via di mezzo e ogni soluzione di compromesso. Questo suo modo di ragionare si ma­ni­fe­sta, sul piano della sintassi, con la produzione di frasi che non sono collegate fra loro da un con­nettivo copulativo come per esempio e, ma sono seccamente differenziate da un con­net­tivo disgiuntivo che è sempre o: «Tutti gli stati, tutti e' domini… sono stati e sono o re­pub­bliche o principati».
Il ragionamento si articola per distinzioni nette, ognuna delle quali può a sua volta suddividersi in distinzioni ulteriori, e a ognuna corrisponde un’opposizione secca e precisa, garantita, sul piano linguistico, dall’uso costante dell’indicativo, il modo dell’obiettività e della certezza: «hanno avuto e hanno», «so­no stati e sono», «acquistonsi», ecc. Questa modalità argomentativa è presente non solo nel Principe , ma anche negli scritti del Machiavelli più giovane, dalle legazioni alle commissarìe, dalle lettere ai colleghi alle istruzioni agli ambasciatori, dalle consulte agli scritti politici minori: qui, però, un tale procedimento è particolarmente limpido ed evidente.
Sempre a proposito di argomentazione, occorre segnalare che così nel Principe come in altri scritti (per esempio nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio) essa si affida fortissimamente a parole che esprimono dovere, necessità, e indicano ciò che in una determinata situazione si deve o non si deve fare per raggiungere un determinato obiettivo politico. «Debbono, debbe, sono forzati, di necessità, conviene che, è necessario che, bisogna" sono le vere congiunzioni fra esempio e discorso, il vero e continuo connettivo delle dimostrazioni.  Naturalmente, fanno parte della medesima serie anche le parole che esprimono impossibilità o divieto. La stessa ideologia stilistica che impone di ricorrere a questo "vocabolario della necessità" governa anche l’uso dei connettivi conclusivi, che introducono una deduzione logica o una sintesi di ciò che è stato detto prima: allora, donde, dunque, però, pertanto, quindi, ecc. Istruttivamente, gli elementi appartenenti alle due serie – vocabolario della necessità e connettivi conclusivi – s’incrociano con grande frequenza: «Sendo dunque necessitato uno principe sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe e il lione, perché el lione non si difende da’ lacci, la golpe non si difende da’ lupi; bisogna adunque essere golpe a conoscere e’ lacci, e lione a sbigottire e’ lupi»; «Pertanto, non si potendo, come io credo, bilanciare questa cosa, né mantenere questa via del mezzo a punto; bisogna, nello ordinare la repubblica, pensare alle parte più onorevole»; «Perché el principe naturale ha minori cagioni e minore necessità di offendere, donde conviene ch’e’ sia piú amato»; «Quello principe, adunque, o quella republica che non si assicura nel principio dello stato suo, conviene che si assicuri nella prima occasione, come fecero i Romani»; «perché uno uomo che voglia fare in tutte le parte professione di buono, conviene che ruini in fra tanti che non sono buoni. Onde è necessario, volendosi uno principe mantenere, imparare a potere essere non buono e usarlo e non usarlo secondo la necessità»; «Però, debbe qualunque tiene stato, così republica come principe, considerare innanzi, quali tempi gli possono venire addosso contrari, e di quali uomini ne’ tempi avversi si può avere di bisogno».
«Ma essendo l’intenzione mia stata scrivere cosa utile a chi la intende, mi è parso più conveniente andare dreto alla verità effettuale della cosa che alla immaginazione di essa».
All'interno della tradizione letteraria italiana, la prosa politica di Machiavelli fa storia a sé, o meglio avvia una storia a sé stante. Se l’assetto fonomorfologico la avvicina al secolo e alla geografia linguistica e culturale di una parte della prosa che la precede, la sintassi e lo stile la proiettano senz'altro verso il secolo e la geografia linguistica e culturale di una parte della prosa che la segue.
Grazie a Giuseppe Patota

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