La curiosità è il motore di ogni
scoperta scientifica, eppure di questa caratteristica fondamentale della nostra
mente la scienza oggi sa ancora poco. I dibattiti vanno avanti da oltre un
secolo: è all'incirca da metà dell'800 infatti che gli psicologi iniziarono a
studiare i meccanismi che spingono i bambini verso oggetti mai visti, o nuove
esperienze. A rendere difficile la scelta di una definizione univoca di
curiosità vi è però il fatto che molti animali e anche le forme di vita più
elementari presentano comportamenti di questo genere, dovendo cercare
informazioni nel loro ambiente per sopravvivere, trovare il cibo ed evitare i
predatori. Per questo, una delle definizioni più diffuse di curiosità si basa
sulle motivazioni che spingono a cercare nuove informazioni: per essere
definita curiosità, questa dovrebbe essere indotta da motivazioni intrinseche,
cioè non legate a fattori esterni come la necessità di nutrirsi, o la paura di
potenziali pericoli. Così definita però, la curiosità diventa difficile da
studiare proprio nei soggetti più interessanti per gli scienziati. Che un
adulto sia curioso infatti è evidente, ma può dirci poco su cosa sia la curiosità.
Neonati, animali e batteri invece non possono spiegarci quali motivazioni
guidino le loro azioni, e invece sono proprio questi i soggetti che potrebbero
aiutarci a scoprire a cosa serva la curiosità, quali siano la sua funzione
biologica, la sua origine e la sua evoluzione. La definizione attuale da me
preferita è che la curiosità potrebbe essere una "pulsione per la ricerca
di informazioni", un atteggiamento che può facilmente essere riconosciuto
anche nel comportamento di forme di vita elementari. Con questa definizione di
curiosità si aprono nuove domande, a cui prima era impossibile rispondere. La
curiosità, ad esempio, può essere troppa? Normalmente risponderemmo di no,
perché si pensa che la curiosità sia legata unicamente ad attività positive,
come la scienza, l'apprendimento e lo studio. Se invece la curiosità è una
propensione alla ricerca di qualunque tipo di informazioni, anche quelle
inutili, può senz'altro rivelarsi dannosa. Come in tutti i campi della vita,
anche in questo caso bisogna raggiungere un equilibrio. Se passiamo ad esempio
troppo tempo a guardare un programma televisivo perché siamo curiosi di sapere
come andrà a finire, avremo poi meno tempo per lavorare. Deve esistere quindi
un bilanciamento affinchè troppa curiosità non riesca ad essere nociva.
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