Scienziati scoprono come disattivare l'ansia.
L'interruttore è una proteina che controlla l'emissione di neurotrasmettitori
connessi al senso di paura e nervosismo. Il nucleo della ricerca si basa su piccole
proteine del cervello che possono essere la risposta al trattamento di varie malattie
mentali, l’ansia e quella principale. Queste proteine, chiamate recettori degli
oppioidi Kappa (KORS, il loro acronimo in inglese), hanno un ruolo importante
nel rilascio di un neurotrasmettitore legato al dolore e ai cambiamenti di
umore, il glutammato. I KORS sono solo la porta di questo neurotrasmettitore: è
come se fossero un cancello che regola la sua uscita dal cervello al corpo. Ciò
che gli scienziati hanno scoperto è la chiave per aprire e chiudere questa
porta. Il problema è che i ricercatori ancora non comprendono appieno come funziona
questo interruttore, e i suoi possibili effetti sul nostro organismo. Essi
sanno solo che funziona. I risultati indicano che le proteine in questione
possono essere effettivamente delle porte che chiudono il percorso di ansia nel
cervello. Il passo successivo nello studio di queste porte sarà quello di
esplorare le diverse forme di ansia, le loro cause e il loro impatto sul corpo
umano. Questa fase è importante per gli scienziati affinchè possano essere in
grado di identificare più correttamente l’uso delle proteine in ogni
neurotrasmettitore, poiché le quantità di
glutammato prodotte dal nostro cervello sono diverse in ciascun caso. I KORS
sono noti dalla scienza da almeno 20 anni e sono la base per il funzionamento
di alcuni analgesici e farmaci per il trattamento delle dipendenze. Ma è stata
la prima volta che gli scienziati sono stati in grado di studiare gli effetti
di queste proteine sugli sbalzi d'umore e in modo efficace riuscire a
chiudere queste piccole porte. Detto ciò non va dimenticato che l'ansia ha un
ruolo molto importante nella nostra vita: ci avverte del pericolo, ci aiuta ad
essere pronti e prepara le nostre menti per eventuali eventi importanti. Il
vero problema, che è quello che gli scienziati cercano di risolvere è quando i
sintomi di ansia sono costanti e interferiscono con le attività della vita
quotidiana e la capacità di vivere una vita normale. Questa situazione è quella
che configura il disturbo d'ansia, termine che include diverse malattie, come
la sindrome di panico, la fobia sociale e altre più specifiche fobie.
NeuroEducation, NeuroPlasticity, NeuroCommunication, NeuroLanguage Learning & Coaching, Multilingualism, Multiculturalism, Interpersonal & Intercultural Communication.
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29/04/2016
26/04/2016
Bilingue è meglio!
Recenti studi basati su strumenti come la risonanza magnetica e su principi
di neuroscienza hanno aiutato gli scienziati a determinare i principali
cambiamenti nel cervello e la loro relazione con il bilinguismo. Uno studio condotto
in Svezia, ha riunito un gruppo di giovani per misurare il loro cervello prima
e dopo aver ricevuto una formazione intensiva in lingue straniere. In un
periodo di 13 mesi, i partecipanti hanno acquisito una buona fluidità nellla
produzione orale di queste lingue. Un’altro gruppo raggruppava studenti di
medicina e scienze cognitive, che per un periodo di 13 mesi hanno studiato intensamente
altre discipline, ma non lingue straniere. Entrambi i gruppi sono stati
sottoposti a risonanza magnetica prima e dopo i loro studi approfonditi. La struttura
del cervello del secondo gruppo è rimasto intatta, mentre parti specifiche del
cervello dei studenti di lingua sono cresciute. La crescita è avvenuta
principalmente nell'ippocampo, coinvolto nell'apprendimento di materiale nuovo e
nella navigazione spaziale, e nelle aree della corteccia cerebrale. Secondo lo
studio, alcune parti del cervello si sviluppano per gradi diversi a seconda del
livello di concorrenza e la quantità di sforzo investito da questi studenti
durante il corso. Così, gli studenti con aree di crescita più elevate dell’ippocampo
e corteccia cerebrale legate all'apprendimento delle lingue, hanno maggiori
competenze linguistiche rispetto agli altri studenti. Nel caso degli studenti
che hanno dovuto lavorare di più durante il loro processo di apprendimento,
questi hanno sperimentato una maggiore crescita nelle aree delle regioni
motorie e corteccia cerebrale. Pertanto, le aree del cervello che mostravano maggiori
cambiamenti erano quelle legate alla nostra capacità di imparare una lingua. Questo
studio riconferma i vantaggi di essere bilingue. Esso ribadisce che
l'apprendimento delle lingue straniere è un buon modo per mantenere il nostro
cervello in forma ad ogni età.
21/04/2016
Pochi amici? Molto intelligenti!
Secondo una recente ricerca, alcune persone non trarrebbero benefici dal
rapporto con gli altri. Anzi, passare del tempo con gli amici potrebbe
addirittura abbassare il loro livello di felicità. L'obiettivo della ricerca,
pubblicata sul British Journal of Psychology è stato quello di indagare su quei
fattori che rendono più soddisfacente la vita. Al questionario degli studiosi
hanno risposto più di 15mila giovani, tra i 18 e i 28 anni. Dall'analisi dei
risultati è emerso che più una persona riesce ad avere un rapporto stretto con
un'altra, più è felice. Ma con un'eccezione per i più intelligenti. Gli
individui con un quoziente intellettivo più alto della media, che si trovino a
frequentare con regolarità i loro amici, sono meno soddisfatti della propria
vita. Più i rapporti e gli incontri si diradano, più cresce il loro
appagamento. Ma se molte ricerche in passato hanno già illustrato i benefici
apportati dalle amicizie, quale sarebbe l’origine di questi risultati tanto
fuori dal comune? Due diverse teorie.
La prima si rimonta ai nostri antenati i quali vivevano di caccia e
raccolto ed erano organizzati in piccoli gruppi di circa 150 individui. In
questo contesto, avere frequenti contatti con amici o conoscenti era necessario
per la sopravvivenza e la riproduzione. Il quadro è cambiato quando i gruppi
hanno iniziato a crescere: gli individui con un quoziente intellettivo più alto
avevano meno bisogno di contare sul prossimo per problemi legati alla caccia o
alla cura della propria famiglia. Riuscivano insomma ad adattarsi al
cambiamento senza dover far affidamento sugli altri. La seconda afferma che le persone più intelligenti sono anche spesso
meno disposte a passare del tempo con gli altri perchè esse sono focalizzate
molto di più sui propri obbiettivi e sul proprio lavoro.
E voi? Avete molti amici...?
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