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22/02/2016

A che serve il professore?

Umberto Eco 1932 - 2016



 Nella valanga di articoli sul bullismo nelle scuole ho letto di un episodio che proprio di bullismo non definirei ma al massimo d'impertinenza - e tuttavia si tratta di una impertinenza significativa. Dunque, si diceva che uno studente, per provocare un professore, gli avrebbe chiesto: "Scusi, ma nell'epoca d'Internet, Lei che cosa ci sta a fare?". Lo studente diceva una mezza verità, che tra l'altro persino i professori dicono da almeno vent'anni, e cioè che una volta la scuola doveva trasmettere certamente formazione ma anzitutto nozioni, dalle tabelline nelle elementari, alle notizie sulla capitale del Madagascar nelle medie, sino alla data della guerra dei trent'anni nel liceo. Con l'avvento, non dico di Internet, ma della televisione e persino della radio, e magari già con l'avvento del cinema, gran parte di queste nozioni venivano assorbite da ragazzi nel corso della vita extrascolastica. Mio padre da piccolo non sapeva che Hiroshima fosse in Giappone, che esistesse Guadalcanal, aveva notizie imprecise di Dresda, e sapeva dell'India quello che gli raccontava Salgari. Io sin dai tempi della guerra queste cose le ho apprese dalla radio e dalle cartine sui quotidiani, mentre i miei figli hanno visto in televisione i fiordi norvegesi, il deserto di Gobi, come le api impollinano i fiori, com'era un Tyrannosaurus Rex; e infine un ragazzo d'oggi sa tutto sull'ozono, sui koala, sull'Iraq e sull'Afghanistan. Forse un ragazzo d'oggi non sa dire bene che cosa siano le staminali ma le ha sentite nominare, mentre ai miei tempi non ce lo diceva neppure la professoressa di scienze naturali. E allora che ci stanno a fare gli insegnanti? Ho detto che quella dello studente di cui parlavo era solo una mezza verità, perché anzitutto l'insegnante oltre che informare deve formare. Quello che fa di una classe una buona classe non è che vi si apprendano date e dati ma che si stabilisca un dialogo continuo, un confronto di opinioni, una discussione su quanto si apprende a scuola e quanto avviene di fuori. Certo, che cosa accada in Iraq ce lo dice la televisione, ma perché qualcosa accada sempre lì, sin dai tempi della civiltà mesopotamica, e non in Groenlandia, lo può dire solo la scuola. E se qualcuno obiettasse che talora ce lo dicono persone anche autorevoli a 'Porta a Porta', è la scuola che deve discutere 'Porta a Porta'. I mass media ci dicono tante e cose e ci trasmettono persino dei valori, ma la scuola dovrebbe saper discutere il modo in cui ce lo trasmettono, e valutare il tono e la forza delle argomentazioni che vengono svolte sulla carta stampata e in televisione. E poi c'è la verifica delle informazioni trasmesse dai media: per esempio, chi se non un insegnante può correggere le pronunce sbagliate di quell'inglese che ciascuno crede di imparare dalla televisione? Ma lo studente non stava dicendo al professore che non aveva bisogno di lui perché erano ormai radio e televisione a dirgli dove stia Timbuctu o che si è discusso sulla fusione fredda, e cioè non gli stava dicendo che il suo ruolo era stato assunto da discorsi per così dire sciolti, che circolano in modo casuale e disordinato giorno per giorno sui vari media - e che se sappiamo molto sull'Iraq e poco sulla Siria dipende dalla buona o cattiva volontà di Bush. Lo studente stava dicendo che oggi esiste Internet, la Gran Madre di tutte le Enciclopedie, dove si trovano la Siria, la fusione fredda, la guerra dei trent'anni e la discussione infinita sul più alto dei numeri dispari. Gli stava dicendo che le informazioni che Internet gli mette a disposizione sono immensamente più ampie e spesso più approfondite di quelle di cui dispone il professore. E trascurava un punto importante: che Internet gli dice 'quasi tutto', salvo come cercare, filtrare, selezionare, accettare o rifiutare quelle informazioni. A immagazzinare nuove informazioni, purché si abbia buona memoria, sono capaci tutti. Ma decidere quali vadano ricordate e quali no è arte sottile. Questo fa la differenza tra chi ha fatto un corso di studi regolari (anche male) e un autodidatta (anche se geniale). Il problema drammatico è certamente che forse neppure il professore sa insegnare l'arte della selezione, almeno non su ogni capitolo dello scibile. Ma almeno sa che dovrebbe saperlo; e se non sa dare istruzioni precise su come selezionare può fornire l'esempio di qualcuno che si sforza di paragonare e giudicare volta per volta quello che Internet gli mette a disposizione. E infine può mettere quotidianamente in scena lo sforzo per riorganizzare in sistema ciò che Internet gli trasmette in ordine alfabetico, dicendo che esistono Tamerlano e i Monocotiledoni ma non quale sia il rapporto sistematico tra queste due nozioni. Il senso di questi rapporti può darlo solo la scuola, e se non sa farlo dovrà attrezzarsi per farlo. Altrimenti le tre I di Internet, Inglese e Impresa rimarranno soltanto la prima parte di un raglio d'asino che non sale in cielo.
 
Umberto Eco

08/02/2016

Brain: Reading and Listening is wonderful, but not at the same time…



Reading and listening to music at the same time affects how you hear the music. An experiment showed that the subjects judged the music to be less complete with grammatically difficult sentences than with simple sentences. With music and language, it is not about general attention, but about activity in the area of the brain that is shared by music and language. Language and music appear to be fundamentally more alike than you might think. A word in a sentence derives its meaning from the context. The same applies to a tone in a chord sequence or a piece of music. Language and music share the same brain region to create order in both processes: arranging words in a sentence and arranging tones in a chord sequence. Reading and listening at the same time overload the capacity of the brain region (Broca’s area) which is located under the left temple. Musical training enhances language skills, and language training probably enhances the neural processing of music in the same way. But engaging in language and music at the same time remains difficult for everyone, whether you are a professional guitar player or have no musical talent at all.

07/02/2016

Sushi, ma non solo...

La cucina giapponese, amata e rispettata da tutto l’Occidente, va ben oltre sushi, sashimi e tempura. La cucina contemporanea giapponese, detta Yoshoku, nasce nella seconda metà dell' 800 reinventando ricette tradizionali con elementi o cotture stranieri. La Yoshoku rappresenta l'apertura del Giappone all'internazionalizzazione, nonché l’introduzione delle carni rosse, che prima erano vietate. Gli elementi principali restano comunque il pesce, il riso, le verdure (sia quelle occidentali sia quelle più tipicamente orientali come il gobou, ovvero la radice di bardana, il renkon che è la radice di loto e il daikon, ovvero la radice di ravanello), la soia, le uova, i funghi, che si combinano per dare origine alle specialità. Il cibo varia a seconda del periodo e del luogo, perché freschezza e stagionalità sono imprescindibili. Così in ogni periodo si gustano prelibatezze differenti. Eccone alcune.
Oden
L'oden è un piatto tipicamente invernale. È una minestra che prevede la cottura di vari ingredienti (i principali sono daikon, konnyaku, un particolare gel di patate utilizzato nella cucina giapponese, uova, ganmodoki ovvero tofu fritto, kamaboko che è una salsiccia di pesce a forma di mezzaluna) in un brodo preparato col tonno secco o con le alghe konbu. Il tutto viene poi insaporito con la salsa di soia. È una pietanza molto gustosa.
Nabe
Un altro piatto invernale tradizionale e conviviale della cultura giapponese che significa pentola; il piatto si prepara infatti direttamente in tavola e lo si consuma in famiglia tutti insieme. Gli ingredienti infatti sono ortaggi, funghi, carne, pesce, crostacei, tofu e konnyaku. In base alla loro scelta e abbinamento danno vita a diverse variazioni, come lo Shabu-shabu con verdure varie e fette sottili di manzo o il Mizutaki con pollo. È una specialità che ha anche un valore emotivo, dato che il particolare procedimento di cottura direttamente in tavola favorisce la vicinanza e riscalda l’atmosfera familiare nella stagione fredda.
Shiokara
Lo shiokara è un piatto tipico giapponese,che si trova in genere nei locali o nei pub. Si tratta di frutti di mare fermentati, molto saporiti e stuzzicanti. La varietà più diffusa è quella a base di calamari (Ika no shiokara) ma ci sono varianti di tutti i tipi: dal tonno alle ostriche, dal granchio al salmone.
Okonomiaki
L'okonomiyaki (letteralmente okonomi= ciò che vuoi, yaki= alla griglia) è una specialità consumata generalmente al ristorante. La base è sempre di farina, cavolo cappuccio, uova. A questa vengono poi aggiunti ingredienti a piacere (del cuoco o del commensale), come lardo, calamari, gamberi o carne di manzo grigliati alla piastra e dopo la cottura serviti con una salsa chiamata proprio okonomiaki e scagliette di bonito (tonnetto striato essicato, fermentato, affumicato e stagionato). È un piatto ricco di sapori e molto popolare in Giappone ed è anche soprannominato la "pizza di Osaka".
Tatsuta aghe
Il tatsuta aghe è una frittura in stile giapponese. Gli ingredienti, in genere pollo ma anche pesce, vengono prima marinati con salsa di soia e sake con zenzero e poi panati con farina di fecola e fritti in abbondante olio. Questa specialità, croccante e gustosa, prende il suo nome dal fiume giapponese Tastsuta, perché il colore rossastro del pollo fritto richiama quelli delle foglie in autunno sulle rive dell’omonimo fiume.
Nikujaga
Ancora un piatto casalingo invernale, che nasce alla fine del XIX secolo per merito degli chef della marina imperiale giapponese. Gli ingredienti principali sono sottili fettine di manzo, patate (tagliate in un formato simile agli spaghetti), cipolla (tamaneghi) e carote. Tutti gli ingredienti ridotti in pezzettini sono bolliti lentamente in pentola in una miscela di salsa di soia, zucchero e mirin (condimento giapponese ottenuto dalla fermentazione del riso glutinoso) e dashi (brodo di alghe e scaglie di bonito).
Dashimaki o tamagoyaki
Chiamato anche tamagoyakio atsuyaki tamago (che significa grosso uovo fritto) è la versione orientale della famosa omelette. Le uova vengono sbattute aggiungendo mirin e zucchero (per renderlo più dolce) o salsa di soia. Poi il tutto viene fritto in una una padella speciale detta makiyakinabe e, in alcune ricette, viene aggiunto del sake. Il tamagoyaki è uno dei piatti serviti a colazione e spesso viene incluso nel bento (il pasto da asporto che viene consumato a pranzo in Giappone).
Dango
I dango sono dolcetti tipici giapponesi molto popolari. Sono palline di farina di riso servite sotto forma di spiedini. Vengono preparate con farina di riso, riso glutinoso e possono essere insaporite con ingredienti a piacere e sono molto gradevoli, anche all'aspetto. Spesso sono accompagnati da tè verde.
Dorayaki
Il dorayaki è un dolce giapponese composto da due pancakes e riempito al centro con l'anko, una salsa dolce rossastra ricavata dai fagioli azuki. Questa particolare salsa, utilizzata anche per altre specialità dolci.
Buon appetito
ボナペテ


02/02/2016

Arte y Cerebro...

La neurociencia está demostrando  que las actividades artísticas involucran a diferentes regiones cerebrales y promueven el desarrollo de procesos cognitivos. La instrucción musical, por ejemplo, mejora la capacidad intelectual como consecuencia de la plasticidad cerebral, sobre todo en aquellos con mayor interés y motivación hacia las actividades artísticas. En algunos niños aparecen correlaciones entre la práctica musical y la mejora en geometría o las capacidades espaciales cuando el entrenamiento es intenso. Por otra parte, el teatro o el baile desarrollan habilidades socioemocionales como la empatía y son beneficiosos para la memoria semántica; al hablar en público se genera noradrenalina, una sustancia que interviene en los procesos relacionados con la atención, la memoria de trabajo y el autocontrol. En un estudio con niños de edades comprendidas entre 7 y 12 años se midieron los efectos de la educación artística (en concreto artes visuales, música, baile y teatro) en la capacidad y comprensión lectora y  se comprobó que la mayor correlación se daba con el entrenamiento musical. La educación artística debería ser obligatoria en todos los sistemas educativos. La instrucción musical o el teatro que tantas habilidades sociales, emocionales y cognitivas son capaces de desarrollar deberían de formar parte del currículo y no, como ocurre frecuentemente, quedar como actividades marginales.
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