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27/02/2016

Motivarse a motivar…

Un cerebro motivado, que fluye, nos garantiza una mayor probabilidad de tener una vida plena y satisfactoria. Para ello debemos comenzar a “entrenarlo” desde sus inicios y para eso, estimados padres y educadores, tenemos que…
Responsabilizar: A los niños les estimula tener obligaciones con las que puedan obtener reconocimiento y ayudar a los otros. Tener responsabilidades, además, activa aspectos de la motivación como el compromiso y el afán de logro. Las responsabilidades no se deben incentivar con dinero o dar algo a cambio porque dejarían de tener su propósito inicial y el niño asociaría hacer algo con ganar algo.
Elogiar: El elogio es una gran recompensa emocional pero si se hace de manera adecuada. Simplemente halagar no es suficiente hay que…
–Halagar el esfuerzo y la estrategia, no la inteligencia. Recompensar la inteligencia hace que los niños escojan los retos que vayan a ser más fáciles para evitar parecer tontos.
–Hacer elogios concretos. No hablar de manera general sino comunicar con concreción qué hecho o actitud se está elogiando.
–Halagar en privado. Solidifica la relación padre/maestro – hijo.
–Solo halagar cuando existe un buen motivo para ello. Si el halago forma parte de la motivación externa (te halago porque has hecho esto “si/entonces”) no se estará recompensando el aprendizaje.
Contextualizar: Ayuda a que los niños entiendan el sentido de lo que hacen y puedan responder a la pregunta ¿por qué estoy aprendiendo esto? Reforzar el aprendizaje con tareas prácticas que tengan sentido con lo que están aprendiendo.
Así que... ¡motívense a motivar!

24/02/2016

Cerebros que fluyen.

Diversos estudios en Estados Unidos y Europa muestran que los estudiantes asiáticos son más sobresalientes que sus compañeros de otras culturas con el mismo cociente intelectual y programas académicos semejantes. La perseverancia, la paciencia, la cultura del esfuerzo, el compromiso, la claridad de objetivos son los factores que destacan en estos estudiantes que dedican un 40% más de su tiempo a sus estudios. Eso hace que países como Singapur, Corea del Sur, China, Hong Kong y Japón cuenten con los mejores alumnos del mundo. Cualidades fundamentales en cada individuo que determinan su camino y el logro de sus metas pero que todas ellas se basan en el elemento más significativo: la motivación. La motivación es un proceso psicológico que incita a las personas a actuar de una determinada manera. La motivación es la fuerza interna que nos lleva a madrugar para correr un domingo, estudiar un posgrado los fines de semana, emprender, alcanzar retos que parecían imposibles o cambiar de país de residencia para realizar nuestros sueños. Cualquier persona que se sienta motivada por algo entenderá esa sensación de logro, bienestar, entusiasmo que proporciona hacer algo que nos gusta, que nos apasiona. Cuando nuestro cerebro se encuentra en este maravilloso estado, él “fluye” y hace que todo lo que hagamos sea vivido como una diversión que se disfruta sin pensar en el esfuerzo.
Los cerebros que “fluyen”…
…Hacen las cosas porque les parecen divertidas.
…Se centran en cómo hacer las cosas, en vez de en qué deben hacer.
…Tienen claras las metas.
…Saben encontrar un equilibrio entre las dificultades y sus habilidades.
…No tienen miedo al fracaso.
…Se olvidan del tiempo.
Cuando somos niños, podemos estar en este estado varias veces al día mientras jugamos, dibujamos, observamos, etc. Cuando nos vamos haciendo mayores, este estado suele darse raras veces y coincide, normalmente, con nuestro hobby preferido. Es muy frecuente encontrarnos con personas aburridas y desmotivadas. Personas apáticas con poca energía, que se aburren si están solas, que buscan el sofá para estar tumbadas viendo la TV o jugar con el Smartphone o a videojuegos un día entero. La falta de motivación, a veces confundida con depresión, es un gran problema social de nuestros tiempos y no sabemos cuáles son las mejores estrategias para activarla. Tal vez la primera pregunta que debamos hacernos es si somos capaces de generar motivación en nuestras vidas. Al igual que hay niños que se aburren, hay adultos que no saben disfrutar de su trabajo, de su pareja, de sus amigos y lo más importante: ¡de estar solos!  Otra cuestión es entender que la motivación no es algo externo que podamos buscar. La motivación es interna a las personas y cada uno debe encontrar la mejor manera de activarla. La motivación requiere un contexto emocional favorable. Esto está relacionado con aspectos como la regulación emocional, la empatía, una comunicación eficaz, la estimulación de la curiosidad, un entorno creativo. Pensemos, por ejemplo, a una situación que atañe a la mayor parte de la humanidad: ¿trabajar por dinero o por placer? Si en nuestro trabajo tenemos un buen salario pero no estamos satisfechos con la labor que realizamos, debemos buscar algo que internamente nos llene pese a que tengamos menos ingresos. No todos lo hacen. Consecuencia: ejércitos de personas que andan por el mundo totalmente desmotivadas (no deprimidas).
Alguien dijo: “constrúyete una vida en la cual no necesites vacaciones”.

22/02/2016

A che serve il professore?

Umberto Eco 1932 - 2016



 Nella valanga di articoli sul bullismo nelle scuole ho letto di un episodio che proprio di bullismo non definirei ma al massimo d'impertinenza - e tuttavia si tratta di una impertinenza significativa. Dunque, si diceva che uno studente, per provocare un professore, gli avrebbe chiesto: "Scusi, ma nell'epoca d'Internet, Lei che cosa ci sta a fare?". Lo studente diceva una mezza verità, che tra l'altro persino i professori dicono da almeno vent'anni, e cioè che una volta la scuola doveva trasmettere certamente formazione ma anzitutto nozioni, dalle tabelline nelle elementari, alle notizie sulla capitale del Madagascar nelle medie, sino alla data della guerra dei trent'anni nel liceo. Con l'avvento, non dico di Internet, ma della televisione e persino della radio, e magari già con l'avvento del cinema, gran parte di queste nozioni venivano assorbite da ragazzi nel corso della vita extrascolastica. Mio padre da piccolo non sapeva che Hiroshima fosse in Giappone, che esistesse Guadalcanal, aveva notizie imprecise di Dresda, e sapeva dell'India quello che gli raccontava Salgari. Io sin dai tempi della guerra queste cose le ho apprese dalla radio e dalle cartine sui quotidiani, mentre i miei figli hanno visto in televisione i fiordi norvegesi, il deserto di Gobi, come le api impollinano i fiori, com'era un Tyrannosaurus Rex; e infine un ragazzo d'oggi sa tutto sull'ozono, sui koala, sull'Iraq e sull'Afghanistan. Forse un ragazzo d'oggi non sa dire bene che cosa siano le staminali ma le ha sentite nominare, mentre ai miei tempi non ce lo diceva neppure la professoressa di scienze naturali. E allora che ci stanno a fare gli insegnanti? Ho detto che quella dello studente di cui parlavo era solo una mezza verità, perché anzitutto l'insegnante oltre che informare deve formare. Quello che fa di una classe una buona classe non è che vi si apprendano date e dati ma che si stabilisca un dialogo continuo, un confronto di opinioni, una discussione su quanto si apprende a scuola e quanto avviene di fuori. Certo, che cosa accada in Iraq ce lo dice la televisione, ma perché qualcosa accada sempre lì, sin dai tempi della civiltà mesopotamica, e non in Groenlandia, lo può dire solo la scuola. E se qualcuno obiettasse che talora ce lo dicono persone anche autorevoli a 'Porta a Porta', è la scuola che deve discutere 'Porta a Porta'. I mass media ci dicono tante e cose e ci trasmettono persino dei valori, ma la scuola dovrebbe saper discutere il modo in cui ce lo trasmettono, e valutare il tono e la forza delle argomentazioni che vengono svolte sulla carta stampata e in televisione. E poi c'è la verifica delle informazioni trasmesse dai media: per esempio, chi se non un insegnante può correggere le pronunce sbagliate di quell'inglese che ciascuno crede di imparare dalla televisione? Ma lo studente non stava dicendo al professore che non aveva bisogno di lui perché erano ormai radio e televisione a dirgli dove stia Timbuctu o che si è discusso sulla fusione fredda, e cioè non gli stava dicendo che il suo ruolo era stato assunto da discorsi per così dire sciolti, che circolano in modo casuale e disordinato giorno per giorno sui vari media - e che se sappiamo molto sull'Iraq e poco sulla Siria dipende dalla buona o cattiva volontà di Bush. Lo studente stava dicendo che oggi esiste Internet, la Gran Madre di tutte le Enciclopedie, dove si trovano la Siria, la fusione fredda, la guerra dei trent'anni e la discussione infinita sul più alto dei numeri dispari. Gli stava dicendo che le informazioni che Internet gli mette a disposizione sono immensamente più ampie e spesso più approfondite di quelle di cui dispone il professore. E trascurava un punto importante: che Internet gli dice 'quasi tutto', salvo come cercare, filtrare, selezionare, accettare o rifiutare quelle informazioni. A immagazzinare nuove informazioni, purché si abbia buona memoria, sono capaci tutti. Ma decidere quali vadano ricordate e quali no è arte sottile. Questo fa la differenza tra chi ha fatto un corso di studi regolari (anche male) e un autodidatta (anche se geniale). Il problema drammatico è certamente che forse neppure il professore sa insegnare l'arte della selezione, almeno non su ogni capitolo dello scibile. Ma almeno sa che dovrebbe saperlo; e se non sa dare istruzioni precise su come selezionare può fornire l'esempio di qualcuno che si sforza di paragonare e giudicare volta per volta quello che Internet gli mette a disposizione. E infine può mettere quotidianamente in scena lo sforzo per riorganizzare in sistema ciò che Internet gli trasmette in ordine alfabetico, dicendo che esistono Tamerlano e i Monocotiledoni ma non quale sia il rapporto sistematico tra queste due nozioni. Il senso di questi rapporti può darlo solo la scuola, e se non sa farlo dovrà attrezzarsi per farlo. Altrimenti le tre I di Internet, Inglese e Impresa rimarranno soltanto la prima parte di un raglio d'asino che non sale in cielo.
 
Umberto Eco
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