Durante nuestra primera infancia,
el olor y el gusto son nos nuestras herramientas más importantes para entender
el mundo. Pasados los 5 años, dejamos ya de tener la necesidad de llevarnos las
cosas a la boca, y nuestra nariz deja de ser también tan receptiva. En el caso
específico del olfato, podríamos afirmar que es el canal más poderoso que
conecta con nuestro cerebro y que a su vez, es capaz de activar emociones y
recuerdos muy concretos. Cuando las moléculas de un olor o un aroma se unen a
los epitelios de nuestra nariz, se envía una señal directa al bulbo olfatorio,
una pequeña y sofisticada estructura situada un poco más arriba de nuestros
ojos. A partir de aquí, se inicia un viaje fascinante que va a llevar la señal
a dos canales muy concretos: En primer lugar hasta la corteza olfativa primaria
para que pueda identificar y clasificar ese olor. Más tarde, esa señal olfativa
irá hacia la amígdala, un área relacionada las emociones, llegando a
continuación al hipocampo, responsable también de nuestra memoria. Según un
estudio llevado a cabo en los años 90, los bebés ya son receptivos al olor
antes del nacimiento. A través de una amniocentesis se descubrió que la dieta
de la madre se percibe también “en olores” a través del líquido amniótico, y
que por lo tanto, el feto inicia su aprendizaje también en este aspecto de
forma muy temprana. Nuestro olfato va a ir siempre de la mano de las emociones.
Un olor agradable nos ofrecerá bienestar y evocará recuerdos positivos. Hoy en
día se hace mucho énfasis en el ejercitar la memoria mas no deberíamos dejar de
lado ejercitar nuestro olfato. Pasear después de un día de lluvia, oler las
fragancias de la cocina o el perfume de la ropa recién lavada, serían
ejercicios cotidianos que ofrecerían bienestar anímico inmediato,
permitiéndonos evocar instantes significativos de nuestro pasado.
NeuroEducation, NeuroPlasticity, NeuroCommunication, NeuroLanguage Learning & Coaching, Multilingualism, Multiculturalism, Interpersonal & Intercultural Communication.
Search
12/04/2016
11/04/2016
Cuore o Cervello? Questo è il dilemma...
Qual è il modo migliore per risolvere un problema: affidarsi all'istinto o
al ragionamento? Entrambe le strategie hanno punti di forza, pro e contro, ma
secondo un recente studio, arrivare alla soluzione di un problema attraverso l'intuizione
che ci salta alla mente senza saper spiegare come o da dove arrivi (Eureka!) è molto più corretta di quanto non avvenga col
ragionamento analitico. Questo almeno nel caso di problemi per cui non esistono
strategie di soluzione collaudate, e in assenza di limiti di tempo
particolarmente stringenti. Il risultato è frutto di diversi esperimenti, in
cui i ricercatori hanno individuato due diversi generi di persone: i pensatori
analitici e gli intuitivi. Cioè chi tende a risolvere i problemi attraverso
ragionamenti espliciti e deduzioni, e chi si affida all'intuito e all'intuizione.
A grande sospresa si è potuto osservare che gli intuitivi tendono a fare meno
errori nella soluzione di problemi. Tutta colpa, almeno secondo gli autori
dello studio, della tendenza degli analitici a fornire risposte affrettate quando
si trovano a corto di tempo. Il ragionamento analitico e cosciente a volte può
essere affrettato o inaccurato, e può portare quindi a commettere errori nella
soluzione di un problema. L'intuizione invece è inconscia e automatica: non può
quindi, per sua stessa natura, essere affrettata. Un ragionamento analitico
procede per gradi, e fornisce quindi alcune delle informazioni su cui basare
una possibile risposta anche prima di essere stato completato. Per questo
motivo può portare all'errore. Quello intuitivo invece è un processo
completamente diverso: prima di produrre un risultato non fornisce informazioni
di alcun tipo, almeno a livello cosciente. Per questo però anche l'intuizione
ha un limite: non può essere affrettata, ma può facilmente produrre risultati
fuori tempo massimo. Quando si trovano a corto di tempo i pensatori intuitivi
hanno quindi due opzioni: non badare alla tempistica in attesa di
un'intuizione, o cercare di effettuare un ragionamento affrettato, che spesso
si rivela scorretto. Le scadenze creano una sottile sensazione di ansia e
l'ansia può trasformare il ragionamento istintivo in analitico. Per questo i
limiti di tempo sono certamente utili se si vogliono tenere concentrate le
persone, ma se si è alla ricerca di idee creative, è meglio avere scadenze più
flessibili. Una scadenza improrogabile tende magari a portare risultati soddisfacenti
ma senz’altro meno creativi. Avete deciso?
08/04/2016
O seu tempo passa rápido ou devagar?
Quando estamos entretidos, o tempo passa
rápido. Se estamos entediados, ele fica devagar. Por que isso ocorre? Parte do
problema está no sistema límbico, área do cérebro responsável pelas emoções.
Quando alcançamos um desejo, ele libera dopamina, neurotransmissor que causa
sensação de bem-estar. E são os níveis de dopamina no organismo que influenciam
nossa percepção de tempo. Geralmente, quando ela está elevada, o tempo passa
mais rápido. Um cérebro entediado tenta se entreter prestando atenção em tudo. Quanto
maior a ansiedade, maior a sensação de que o tempo não passa. Quando algo é
muito esperado, ocorre a chamada ansiedade ativa. O organismo entra em estado de
alerta, com liberação de adrenalina e cortisol, a pressão sanguínea e o nível
de açúcar no sangue aumentam, assim como a dopamina, fazendo o tempo voar. Outro
fator envolvido é a memória. Por exemplo em uma viagem, a ida é mais longa do
que a volta. Quando o caminho já é conhecido,
o cérebro não presta tanta atenção. Na ida, tudo é novidade, e a expectativa
pela chegada é grande. No caminho de volta é o oposto: paisagem e tudo mais são
conhecidos e o tempo vai rápido.
Subscribe to:
Posts (Atom)