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30/11/2015

¡¿Otra vez con el bilingüismo?!

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Me permito insistir en que ser bilingüe supone una ventaja para la capacidad cognitiva del cerebro. Aunque la evidencia en el estudio de las diferencias entre los cerebros bilingües y monolingües es aún limitada, se ha demostrado que los primeros tienen mayor activación en el giro inferior frontal izquierdo lo que se involucra en el procesamiento del lenguaje, y que, a diferencia de los monolingües, usan esta misma área cerebral para otras actividades. Las personas bilingües constantemente practican la flexibilidad cognitiva al decidir cuál lengua hablar y cuál suprimir de acuerdo con el contexto en que se encuentran, habilidades que también aplican a la capacidad para adaptarse a cambios de manera fácil y procesar información de un modo eficiente y rápido.
Las personas bilingües tienen una mayor cantidad de neuronas en esta área y las fibras que conectan un hemisferio cerebral con el otro están mejor preservadas en los bilingües que en los monolingües, especialmente en los adultos. El ser bilingüe proporciona ciertas ventajas cognitivas, particularmente en relación a la "función ejecutiva": habilidades cognitivas que permiten organizar y planear la conducta. Los procesos como la atención selectiva, la memoria de trabajo, y la capacidad de inhibir y seleccionar información y nuestras acciones, permiten una mayor flexibilidad cognitiva, que involucra la capacidad para adaptarse a cambios y procesar información de manera eficiente y adaptativa. Entre más se practican tareas o actividades que requieren ciertas actividades cognitivas como la atención o la velocidad de procesamiento, más se ejercitan o refuerzan las áreas del cerebro o los circuitos neuronales de los que dependen estas habilidades. Entre más eficientes y precisas son estas habilidades, mejor nos podemos desempeñar en nuestras actividades de la vida diaria. Insisto: seamos bilingües!

 
 
 




21/11/2015

Happy or Unhappy? The Precuneus decides…

Happiness is a combination of happy emotions and satisfaction of life coming together in the precuneus, a region in the medial parietal lobe that becomes active when experiencing consciousness. People feel emotions in different ways; for instance, some people feel happiness more intensely than others when they receive compliments. Psychologists have found that emotional factors like these and satisfaction of life together constitutes the subjective experience of being “happy”. The neural mechanism behind how happiness emerges, however, remained unclear. Understanding that mechanism will be a huge asset for quantifying levels of happiness objectively.  A neuroscientist team scanned the brains of research participants with MRI. The participants then took a survey that asked how happy they are generally, how intensely they feel emotions, and how satisfied they are with their lives. Their analysis revealed that those who scored higher on the happiness surveys had more grey matter mass in the precuneus. In other words, people who feel happiness more intensely, feel sadness less intensely, and are more able to find meaning in life have a larger precuneus. So how does that help us?

¿La mejor herramienta para utilizar en una clase? ¡Un buen educador!

Para poder hablar de Educación solo es preciso contar con dos factores: las personas que aprenden y las que enseñan. La relación humana es la esencia de cualquier acto educativo. Si esto falla, todo lo demás (recursos didácticos, programaciones, informes, tecnología, etc.) también. Los estudiantes no aprenden de un educador que no les gusta. La relación entre profesor y alumno, el «factor humano» es la base fundamental para lograr que el recorrido del aprendizaje sea lo más eficiente, efectivo y divertido posible transformando el aprender y el educar en un placer y no en una obligación. La docencia precisa una gran dosis de humanidad e humildad entre quienes la ejercen. Su materia prima es el organismo más emocionalmente complejo del universo: el ser humano. Trabajar para otras personas requiere cualidades especiales, como la empatía y la compasión. Incluir el «factor humano» en la ecuación que entraña la profesión docente, exige mantener intacto nuestro espíritu de niño y también una buena dosis de sensibilidad. Cuando la escuela y los docentes rigen sus actuaciones por principios humanistas surge la posibilidad de conseguir el propósito, muchas veces utópico, de cambiar a las personas para que mejoren el mundo. No es fácil llegar a influir en alguien, en sus actos, en su sistema de valores, en su vida, pero es posible. Un docente es, ante todo, una persona; un ser humano en contacto con otro ser humano, su estudiante.







16/11/2015

A proposito di Parigi...Dalai Lama


Vivete la vita con la mente sgombra e il cuore aperto.
Se davvero vuoi aiutare le persone, prima devi aiutare te stesso e lavorare sulle tue dinamiche interiori, in qualunque modo ti risulti efficace allo scopo.  
Fate pratica della “compassione universale”.
La compassione nei confronti di chiunque, ovunque. La nostra capacità di pensare e di comportarci in modo gentile nei confronti degli altri fa parte del nostro corredo biologico, e che nel momento in cui decidiamo di darle la priorità, essa è  in grado di giocare un ruolo fondamentale nelle nostre vite.  
Ripensate il modo in cui viene concepita l’istruzione.
Il senso della compassione innato nel genere umano si palesa nella maggior parte dei neonati e dei bambini grazie al loro desiderio di condividere e di essere reciprocamente gentili. Quella priorità però comincia a svanire man mano che i ragazzini si trovano a passare attraverso sistemi più competitivi come quello della scuola. Uno degli obiettivi deve essere quello di creare un sistema d’istruzione che non si limiti a sviluppare delle buone menti, ma delle persone buone. L’apprendimento sociale ed emotivo dovrebbe essere valorizzato tanto quanto la bravura a scuola, da insegnanti che preparino quelle giovani menti alle strade che dovranno percorrere.  
Schieratevi contro le ingiustizie.
Vi è una chiara distinzione fra l’essere compassionevoli e l’essere passivi. I tre pilastri di una “società equa” includono correttezza, trasparenza e responsabilità, e quando ci si trova di fronte all’ingiustizia quei valori spesso richiedono che si agisca. Non otterremo alcun cambiamento limitandoci a manifestare la nostra partecipazione morale alle vittime. Dobbiamo impegnarci, e prepararci ad essere la loro voce, a offrire il nostro aiuto in un modo che potranno trovare di loro utilità, e andare alla ricerca delle radici della corruzione così che possa essere affrontata e trasformata.  
Fate sì che la missione aziendale sia il genere umano.
I soldi non sono la chiave della felicità, quindi perché dovremmo vivere all’interno di un’economia che alimenta quell’idea? Il solo modo in cui il mondo degli affari può produrre del bene a livello sociale è quello di prendere in considerazione il benessere di ciascun cittadino del pianeta, invece di concentrarsi su un piccolo contingente di azionisti. Dobbiamo ricalibrare la nostra percezione del profitto, del benessere e del successo, affinché si includa fra essi questo senso di altruismo globale. Gli affari potranno diventare una forza positiva quando sostituiranno l’interesse egoistico con la compassione, e si adopereranno le proprie capacità e la propria influenza per ridurre l’ineguaglianza economica invece di peggiorarla.
Date sempre una mano.
Molto spesso il modo migliore di adoperare la propria intelligenza, la compassione e il talento è investirli in qualcuno che abbia davvero bisogno del vostro aiuto. Questo compito risulterà probabilmente scomodo, spingendovi a superare dei limiti che non avete mai incontrato prima, ma anche questo è uno dei modi in cui vi renderete conto che le vostre azioni potranno avere delle conseguenze concrete. Per agire come una forza coesa e unita dobbiamo impegnarci per coloro che sono indifesi, disabili, impoveriti o svantaggiati in modi che vanno ben oltre la loro capacità di reagire.
Fate la vostra parte nel guarire il pianeta
Invece di concentrarci sulle “impronte dei nostri passi”, diamo maggiore potere alle “impronte delle nostre mani”, o all’impatto che possiamo avere. Il benessere del genere umano dipende in maniera diretta dal benessere della Terra, quindi dobbiamo compiere dei gesti concreti per proteggerla così come facciamo con le nostre menti e i nostri corpi. Diventando consapevoli dell’impatto delle nostre azioni, dei nostri processi produttivi, dei nostri acquisti, potremo quindi orientarci alla ricerca di nuove soluzioni ai problemi che le nostre vecchie abitudini hanno creato.
Adoperate il vostro potere personale in nome del bene.
Se di fronte a conversazioni e sfide difficili ci porremo con compassione e un senso di equilibrio allora riusciremo a sostituire la solita mentalità del “noi contro di loro” con una che tenga invece a mente che siamo tutti nella stessa barca. Le divisioni sono solo illusioni, frammenti della nostra immaginazione, e conservano solo il potere che scegliamo di attribuire loro. Se tutti riuscissimo a imparare ad entrare vicendevolmente in contatto a un livello personale, potremmo sentirci sorpresi dalle nostre capacità di liberarci dei pregiudizi, riconoscendo tante delle somiglianze che condividiamo con i nostri presunti nemici.
Grazie Dalai Lama



13/11/2015

Estudiantes conectados o desconectados?



Según la “London School of Economics” las escuelas que prohibieron los teléfonos móviles mejoraron los resultados de los alumnos mayores de 16 años en un 6,4% y beneficiaron a los alumnos con peores resultados. Las clases que no olvidaremos jamás serán aquellas en la que fue utilizada la mejor herramienta tecnológica: un profesor, un excelente profesor. En una sala, en un patio, con o sin pizarrón, durante una gira, donde haya sido nuestra clase, nuestro buen profesor habrá jugado un papel fundamental en nuestra memoria. Hoy se decreta que la tecnología en el aula es determinante para un aprendizaje cualitativo, sin embargo comienzan a surgir alguna paradojas “contro-corrente”. Una de ellas es la que en pleno “Silicon Valley”, California, el reino mundial de la tecnología de vanguardia, del “internet de las cosas”, hay una escuela “desconectada”. Famosa, costosa, exclusiva escuela en donde no hay celulares, no hay ordenadores, no hay libros de texto digitales y no hay pantallas táctiles. Me sorprende y me alegra saber que está comenzando, aunque tímidamente, una tendencia “anti-conexión” para las futuras generaciones. Antes de que un estudiante “se conecte” habría que enseñarle a “conectarse” para así evitar el uso indebido de una herramienta que, así como puede aportar grandes beneficios, con un uso indiscriminado e ignorante puede tener efectos negativos en la formación de los individuos. El sistema educativo tiene que formar ciudadanos competentes en conexiones tecnológicas para dar oferta a su demanda de información sobre redes sociales, móviles y nuevas formas de comunicación mediante la alfabetización digital, la promoción de valores y la reflexión. Hasta ahora no lo ha hecho. No creo que haya que usar los móviles para aprender en el colegio, creo que haya que aprender a usar los móviles en el colegio. En la medida en que un estudiante entienda aspectos técnicos (qué es Internet, cómo funciona un ordenador, qué es la nube, qué hacen las apps con sus datos), aspectos de seguridad (contraseñas y sistemas de autenticación, gestión de la privacidad), aspectos legales (derecho al honor, la intimidad y la propia imagen en la red) y e identidad digital (reflexión antes de publicar, consistencia de las decisiones en el tiempo, imagen y oportunidad personales y profesionales) podremos usar más y mejor la tecnología en los colegios. Una cosa es que los teléfonos nos permitan consumir la información de una manera distinta pero otra es que abandonemos por completo la lectura y la reflexión. Hay que educar a desconectarse de Internet del mismo modo que hay que educar a conectarse. El uso de celulares en el aula tiene que tener una función específica y temporal, como una visita a un museo, el ver una película o un paseo por un parque. Debemos educar (y educarnos) a que la tecnología es nuestra aliada mas no es el eje fundamental de nuestras vidas. Es una batalla contra molinos de viento?

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