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30/01/2017

Cervello: cose che fanno male, cose che fanno bene...






Attraverso tecniche di neuroimmagine, le neuroscienze hanno identificato alcune attività che possono modificare il nostro cervello in modo permanente, cambiando la sua struttura, aumentando o riducendo le sue dimensioni o alterando il suo equilibrio chimico.








Cose che fanno male…
1. Dormire poco
Tra i danni causati da una mancanza di sonno, vi è il rimpicciolimento del nostro cervello. Questo può verificarsi in aree importanti come i lobi temporali, parietali e frontali, ovvero in quelle aree responsabili, tra l’altro, del linguaggio, del tatto, dell’equilibrio e della capacità di eseguire calcoli o prendere decisioni.
2. Sentire dolore cronico
Per quanto si possa riuscire a convivere con la sofferenza fisica perenne, il cervello comunque si altera. In modo particolare, l’area in cui si registrano le maggiori alterazioni delle connessioni neurali è la corteccia frontale, associata alla gestione delle emozioni. Se si prova dolore in qualsiasi momento, certe aree cerebrali sono continuamente attive, con il conseguente deterioramento ed eventuale morte di neuroni.
3. Fumare
Quando pensiamo agli effetti del tabacco sulla nostra salute, non dobbiamo considerare solo i polmoni: la dipendenza dalla nicotina è pericolosa anche per il cervello. Ricercatori hanno infatti scoperto che il cervello dei fumatori presenta meno aminoacidi nella corteccia cingolata anteriore, la parte del cervello che elabora il piacere e il dolore. Bassi livelli di essi sono connessi a disturbi psichiatrici come la schizofrenia o la demenza, così come la tendenza all’abuso di droghe.
4. Accumulare troppi grassi
Accumulare troppi grassi non solo è dannoso per il metabolismo, in quanto aumenta il rischio di problemi cardiaci, ipertensione e diabete, ma può essere nocivo anche per il cervello. Più alto l’indice di massa corporea, maggiore è il rischio di un rimpicciolimento del cervello con l’avanzare dell’età.

Cose che fanno bene…
1. Leggere romanzi
Leggere può trasformare la struttura di certe aree cerebrali. Ad esempio, le connessioni neurali nel lobo temporale, legate al linguaggio, e quelle nel solco centrale, legate all’attività motoria, aumentano dopo la lettura di un romanzo creando nuovi schemi cerebrali che ci rendono più intelligenti.
2. Giocare videogiochi
Uno studio ha dimostrato che giocare per circa 10 ore può modificare l’attività elettrica del cervello. I miglioramenti riguardano sia l’attenzione visiva, sia la capacità di ignorare le informazioni non rilevanti. In altre parole, i videogiochi d’azione possono aiutare lo sviluppo dell’attenzione selettiva spaziale, abilità che si rivela molto utile in diverse attività quotidiane.
3. Meditare
Dopo aver meditato, il nostro cervello non è più lo stesso: dall’aumento della sostanza grigia nell’ippocampo che migliora la nostra memoria, alla riduzione del livello di cortisolo (l’ormone dello stress) e della sensazione di ansia, all’aumento del volume in aree connesse alla regolazione delle emozioni, alle emozioni positive e all’autocontrollo, fino al miglioramento della nostra capacità di prestare attenzione.
4. Praticare sport
Allenare il nostro corpo può aumentare il volume dell’ippocampo, consentendoci una memoria migliore. L’attività fisica può anche aiutare il nostro cervello a invecchiare meglio, ovvero a non invecchiare troppo in fretta, e stimola anche la neuroplasticità, in quanto favorisce la crescita di nuove connessioni tra le cellule in varie aree corticali.
5. Imparare
Imparare qualcosa di nuovo cambia la biochimica del nostro cervello: a livello delle connessioni tra neuroni, una proteina chiamata delta-catenina si lega a un acido grasso per permetterci di immagazzinare nuovi dati nella nostra memoria. Ma anche la struttura del cervello cambia: imparare una nuova lingua o conoscere perfettamente le strade della nostra città per esempio, aumenta la sostanza grigia del nostro cervello. (vedi il mio post sui “Black Cabs” londinesi)
6. Giocolare
Riuscire a far ruotare nell’aria tre palline non è soltanto divertente, ma anche un importante stimolo cognitivo. Come dimostrato da uno studio, questa attività produce cambiamenti nella sostanza bianca del cervello, a qualsiasi età. Dopo un allenamento di mezz’ora al giorno per sei settimane, si sono osservati cambiamenti visibili nei collegamenti cerebrali in aree correlate principalmente alla visione periferica, una capacità estremamente importante nella vita di tutti i giorni.

09/01/2017

Affettività e Cognitività…


L’apprendimento scolastico fa parte di un processo collettivo, piuttosto che individuale.  Lo studio da parte degli allievi è notevolmente influenzato dal rapporto con i docenti e con i compagni.
L’affettività e la cognitività* sono correlate per cui un allievo che ha un ottimo rapporto sia con gli insegnanti, sia con i propri compagni sarà nelle condizioni ottimali per applicarsi allo studio in maniera costante e produttiva. Inoltre è noto che il venire accettato all’interno di un gruppo e identificarsi in esso sono caratteristiche fondamentali di un adolescente che sente molto forte la motivazione alla socialità.
Il confronto tra pari (Peer Education) sviluppa una comunicazione tra coetanei che instaurano un rapporto di educazione reciproca ed è utile perché i ragazzi imparano molto gli uni dagli altri. Favorire questo tipo di ambiente in classe aiuta anche i docenti a creare un clima positivo dove sarà più facile e divertente sia insegnare che imparare.
Durante l’infanzia le relazioni più forti sono quelle con i genitori, mentre in adolescenza i legami di amicizia preferiti diventano quelli che si instaurano con i loro coetanei, soprattutto con i compagni di classe. La natura positiva delle relazioni con i coetanei migliora il loro senso di benessere all’interno della società e accresce il senso di autostima.


*Il processo di conoscenza, che include l’attenzione, l’apprendimento, la memoria, il ragionamento.

05/10/2016

Il “Fun Factor”. Il meccanismo dell'apprendimento attraverso il divertimento...


La Didattica è sempre più ricettiva verso spunti provenienti da tutto l'universo dei giochi

Il gioco funziona perché ha uno stretto rapporto con la Emozione. Impariamo soltanto ciò che ci emoziona. Questo è in sostanza il segreto del gioco nella didattica. Inoltre il gioco permette un coinvolgimento più ampio della classe, sviluppando Empatia fra gli studenti e l’insegnante. Il gioco è lingua universale, ha una base di comunicazione che riesce ad andare al di là delle regole e quindi avvicina, favorisce il contatto.

Purtroppo l'approccio ludico continua a incontrare resistenze ataviche sia tra insegnanti che tra genitori. Il voto visto come massima certezza di valutazione, spaventa i ragazzi ed è un acerrimo nemico del gioco.

Studiare per il voto sviluppa una Motivazione Estrinseca (evitare una punizione – vincere un premio – accontentare i genitori) prevalendo sulla Motivazione Intrinseca (soddisfare i propri interessi).

Sappiamo che il nostro cervello è restio alle modifiche; ad esso piacciono le abitudini e gli insegnanti in genere non sfuggono da questa realtà. Energie aggiuntive, tempo, sforzo, autocritica sono alcuni degli elementi che aiutano al rafforzamento delle resistenze senza sottovalutare che il Sistema Scuola attraverso molteplici fattori, demotiva gli insegnanti. Non si riuscirà mai a fare una riforma scolastica vera, efficace ed efficiente se non si prendono in considerazione gli insegnanti, oggi considerati manovalanza sia dalla Scuola che dai genitori e in molti casi, dagli stessi studenti.

Una classe con un clima ludico, gioioso, basata sulla fiducia, dove l’educatore (contento, soddisfatto, preso in considerazione dal Sistema) viene visto come un amico che ci prende per mano e non come un giustiziere con l'arma del voto, è senz'altro una classe dove ci si sta meglio, si insegna meglio, si impara meglio.

Osserviamo i bambini, esperti in Apprendimento. Loro acquisiscono competenze fin da piccolissimi attraverso un sistema di gioco, una catena di domande. Quando li mandiamo a scuola, smettono di imparare in questo modo perché sono intimoriti da una struttura che confonde serietà con seriosità, la sostanza con la forma.

La Didattica deve essere seria ma non per questo cupa, noiosa, pesante.




08/09/2016

Uno insegna, due imparano…







 “When one teaches two learn”.





La consapevolezza che mentre aiutiamo i nostri studenti a imparare, noi stessi impariamo affianco a loro.
L’atto di insegnare e imparare è uno scambio, non un percorso a senso unico dall’insegnante allo studente; entrambe le parti danno e ricevono.
Tutti i giorni noi insegnanti dobbiamo esercitare la creatività per trovare nuovi modi di trasmettere conoscenze ai nostri studenti. Qualcosa sempre sorge dal nulla, qualcosa che magari non sapevamo di sapere e che poi diventa un elemento cardine dell’attività didattica.
Quante cose abbiamo imparato insegnando e non studiando o seguendo corsi!
Noi insegnanti dovremmo ringraziare i nostri studenti sempre. La consapevolezza che insegnando ricaviamo molto di più di uno stipendio mensile, ci rende migliori e anche più felici.

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