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02/05/2017

Poca Empatia? Troppa Alessitimia!



“Il più grande deficit che abbiamo nella nostra società e nel mondo in questo momento, è un deficit di Empatia. Abbiamo un grande bisogno di persone che siano in grado di stare nei panni degli altri e vedere il mondo attraverso i loro occhi. “ - Barack Obama

L’Empatia è la capacità di porsi in maniera immediata nello stato d’animo o nella situazione di un’altra persona, facendo in modo che i problemi dell’altro siano anche i nostri problemi, che le gioie dell’altro siano anche le nostre gioie.

Purtroppo i livelli di empatia sono in netto calo a livello mondiale, questo significa che molte persone oggi sono in grado solo di pensare a se stessi.

L’Alessitimia invece è un disturbo specifico nelle funzioni affettive e simboliche che spesso rende sterile e incolore la comunicazione interpersonale, sembra prendere vantaggio. Persone che non sono in grado di provare lo stato d’animo di chi li circonda e di esprimere ciò che provano loro stessi.

Proviamo a guardarci intorno, riusciamo a capire cosa stanno provando le persone accanto a noi?
Siamo in grado di provare quello che stanno provando loro? Proviamo ad immaginare di vivere al loro posto.


Questo è un passo per riuscire a smuovere la superficialità e l’egocentrismo che ci circonda sempre di più; un passo necessario se vogliamo costruire società più tolleranti e pacifiche.

24/04/2017

Empatia: Un superpotere che ci rende unici…

La Genesi - Michelangelo

L’uomo ha sviluppato più di tutti gli altri animali la capacità di partecipare ai sentimenti altrui al punto da poter decifrare e persino anticipare i pensieri e i comportamenti di chi ha di fronte.

Migliaia di anni di evoluzione hanno reso il nostro cervello sempre più potente nel calcolo. Ma la nostra «dotazione» più importante ci ha permesso di stabilire relazioni e di «leggere» nella mente degli altri facendoci provare le loro stesse emozioni. Ecco a voi la Empatia.

L’Empatia è la base della natura sociale dell’uomo. Essa rende possibile l’apprendimento e le relazioni affettive. L’Empatia ci porta a provare le stesse emozioni del nostro interlocutore e quindi anche a superare l’egocentrismo per accogliere l’altro, realizzare interazioni più soddisfacenti, costruire proficui legami sociali.

L’Empatia neutralizza (in parte e non in tutti, purtroppo) il nostro istinto di avere pregiudizi e a costruire barriere. L’Empatia ha consentito la nostra evoluzione e ci ha permesso di realizzare una società come la conosciamo oggi. Le capacità di potere stabilire rapporti con gli altri sono utili a tutti in tutti gli aspetti della vita. Queste doti non sono determinate soltanto dai geni, ma si possono (e si devono) imparare sin da bambini.

Crescendo, attraverso le nostre esperienze e l’osservazione del mondo, impariamo sempre più a capire gli altri e quindi prevederne azioni e reazioni.

La maggior parte di queste abilità si sviluppa nei primi 6 anni di vita, tuttavia è possibile migliorare la nostra capacità di Empatia anche da adulti, con ampi benefici per la nostra convivenza.

La base biologica di tutto questo risiede nei “neuroni specchio” (scoperti negli anni Ottanta, da Giacomo Rizzolatti dell’Università di Parma) che si attivano quando compiamo un’azione ma anche quando vediamo compierla. Esse consentono al nostro cervello di vivere una sorta di “simulazione dell’esperienza altrui”, essenziale per comprendere davvero chi abbiamo di fronte e interagire con lui.

Questa capacità fa parte della Intelligenza Emotiva che non tutti possediamo in ugual grado, ma che volendo, possiamo sviluppare.

Leggere libri di buona qualità aiuta a sviluppare e rafforzare l’Empatia: calarsi nelle storie e immedesimarsi nei panni dei personaggi è come guardare la realtà da un punto di vista diverso e costituisce un efficace esercizio per imparare a interpretare emozioni, gesti e comportamenti del prossimo anche nella vita quotidiana, affinando la capacità di leggere e capire la mente altrui. 

Il nostro cervello sembra disegnato per credere in qualcosa che vada oltre quello che vediamo e tocchiamo. 

05/10/2016

Il “Fun Factor”. Il meccanismo dell'apprendimento attraverso il divertimento...


La Didattica è sempre più ricettiva verso spunti provenienti da tutto l'universo dei giochi

Il gioco funziona perché ha uno stretto rapporto con la Emozione. Impariamo soltanto ciò che ci emoziona. Questo è in sostanza il segreto del gioco nella didattica. Inoltre il gioco permette un coinvolgimento più ampio della classe, sviluppando Empatia fra gli studenti e l’insegnante. Il gioco è lingua universale, ha una base di comunicazione che riesce ad andare al di là delle regole e quindi avvicina, favorisce il contatto.

Purtroppo l'approccio ludico continua a incontrare resistenze ataviche sia tra insegnanti che tra genitori. Il voto visto come massima certezza di valutazione, spaventa i ragazzi ed è un acerrimo nemico del gioco.

Studiare per il voto sviluppa una Motivazione Estrinseca (evitare una punizione – vincere un premio – accontentare i genitori) prevalendo sulla Motivazione Intrinseca (soddisfare i propri interessi).

Sappiamo che il nostro cervello è restio alle modifiche; ad esso piacciono le abitudini e gli insegnanti in genere non sfuggono da questa realtà. Energie aggiuntive, tempo, sforzo, autocritica sono alcuni degli elementi che aiutano al rafforzamento delle resistenze senza sottovalutare che il Sistema Scuola attraverso molteplici fattori, demotiva gli insegnanti. Non si riuscirà mai a fare una riforma scolastica vera, efficace ed efficiente se non si prendono in considerazione gli insegnanti, oggi considerati manovalanza sia dalla Scuola che dai genitori e in molti casi, dagli stessi studenti.

Una classe con un clima ludico, gioioso, basata sulla fiducia, dove l’educatore (contento, soddisfatto, preso in considerazione dal Sistema) viene visto come un amico che ci prende per mano e non come un giustiziere con l'arma del voto, è senz'altro una classe dove ci si sta meglio, si insegna meglio, si impara meglio.

Osserviamo i bambini, esperti in Apprendimento. Loro acquisiscono competenze fin da piccolissimi attraverso un sistema di gioco, una catena di domande. Quando li mandiamo a scuola, smettono di imparare in questo modo perché sono intimoriti da una struttura che confonde serietà con seriosità, la sostanza con la forma.

La Didattica deve essere seria ma non per questo cupa, noiosa, pesante.




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