“Come il pensiero positivo si sia preso gioco prima dell’America e poi del Mondo e come sia riuscito a istupidire
ulteriormente la maggioranza delle persone.”
(Barbara Ehrenreich – “Smile or Die”)
Sorriso e ottimismo sembrano essere diventati i mantra assillanti della
società contemporanea quasi come una tirannia imposta a tutte le persone,
qualunque sia la loro età, il loro genere, le loro origini: Bisogna essere
felici. Bisogna pensare positivo.
Così osserviamo e alimentiamo con una passiva complicità, il proliferare di
libri, conferenze, seminari, laboratori (con tanto di rilascio di “certificato”)
sul “segreto della felicità”, su come “proiettare un’immagine di sé ottimista e
vincente”, come essere “un imprenditore di successo”, come “diventare un
eccellente life-coach” in una sola seduta. Tutto basato su quello che dobbiamo
fare obbligatoriamente: essere costantemente felici e ottimisti. Qualcosa che
ci esaspera, ci esaurisce e ci porta molte volte alla frustrazione.
Quello che dovrebbe essere considerato un atto naturale e spontaneo,
collegato alle nostre più intime e uniche emozioni, diventa un arma per colpire
l’attenzione degli ingenui o degli insicuri, suscitando invidia e molte volte
frustrazione (in noi stessi e negli altri).
Noi abbiamo il diritto a sentirci tristi anche avendo molteplici motivi per
sentirci fortunati.
Dobbiamo vivere i nostri momenti di tristezza senza colpe, riflettendo e
analizzando le vere cause e origini. L’importante è non rimanerci. Che sia uno
sfogo liberatorio per poi voltare pagina.
“Pensa positivo per
sconfiggere tutte le avversità della vita e raggiungere il successo! E’
garantito!”
Nelle le reti sociali vi è una invasione di falsi sorrisi, di vincitori (di
quale premio?), di gente alla quale le va tutto fantasticamente bene (lavoro,
soldi, salute, famiglia, amici, affetti, capelli, unghie, ecc., ecc.) che sono talmente
falsi da suscitare una ovvia incredulità e a volte anche ilarità.
Molti son convinti che indossando la maschera dell’ottimismo permanente, hanno
la certezza di poter allontanare ogni negatività. Secondo i “guru”
dell’ottimismo, tutti dovremmo affrontare ogni giornata con un sorriso stampato
sulle labbra per avere successo…
Gli studi sul nostro benessere emozionale e come esso decisamente influisca
sulla nostra (vera) qualità di vita, affermano che credere a queste
affermazioni può essere molto pericoloso. Infatti quando ci rendiamo conto che
un atteggiamento o pensiero positivo non sono sufficienti per affrontare e
risolvere i grandi, veri problemi della vita, possiamo soffrire dell’effetto
“boomerang”: ci sentiamo inutili, sconfitti, perdenti.
Tutti abbiamo come obiettivo primordiale nella nostra vita, lo stare bene,
il problema semmai sarà come riuscirci. Non esistono formule magiche, preconfezionate.
La felicità non è un prodotto, non è un ricetta. Il nostro cervello è autonomo e ci tiene molto a preservare tale autonomia.
Obbligarlo a vedere sempre “il bicchiere mezzo pieno” è una forzatura che può
avere conseguenze tutt’altro che positive sul nostro benessere.
Faremmo meglio ad accettare la realtà e non confondere realismo con
pessimismo.
“Spero avere un buon volo e che l’aereo non cada” – “Il volo sarà ottimo e
l’aereo non cadrà”
Si capisce la differenza?
Questa “scuola di pensiero” così purtroppo diffusa specialmente in
Occidente, non ci aiuta certo ad accettare che la vita a volte è dura ed
imprevedibile e che le nostre emozioni negative che affiorano in quei momenti
hanno una loro funzione, un loro significato.
Purtroppo nessuno ci “allena” al sapere aspettare, alla sopportazione,
all’insuccesso, alla critica negativa, al giudizio sociale. Quando queste
situazioni ci arrivano, non siamo pronti, non abbiamo gli strumenti necessari
per affrontarle.
Risultato: Ancora più ansia, più depressione, più malessere, più infelicità
e tanto ma tanto lavoro per psicoterapeuti, cantine, farmacie (l’ordine lo
stabilite voi)…